Venezia: Satrapi, morire d'amore nella mia Teheran

VENEZIA, 3 SET – Dopo Persepolis, il folgorante debutto alla regia della disegnatrice iraniana Marjane Satrapi, un talento ormai noto, rifugiata in Europa, prima a Vienna e poi a Parigi dall'eta' di 14 anni, c'era molta attesa per la seconda opera, ancora in coppia con Vincent Paronnaud e per di piu' questa volta con attori in carne ed ossa, da Mathieu Amalric a Maria De Medeiros, a Chiara Mastroianni a Isabella Rossellini. Poulet aux prunes, Pollo alle prugne, in concorso oggi a Venezia 68, un film poetico, malinconico, ma anche pieno di trovate divertenti, ha ricevuto una buona accoglienza. La Satrapi lo descrive come ''una storia d'amore senza speranza: un uomo finisce per morire d'amore. E' un film nichilista perche' la vita e' nichilista, la speranza non ci puo' essere nella vita che affrontiamo tutti i giorni'', spiega l'autrice, 41 anni.

Il film, ambientato in una Teheran anni '50 con protagonista un violinista (Mathieu Amalric), marito infelice, padre affettuoso ma distante, succube di una madre (Isabella Rossellini) che decide per lui, incapace di vivere una vita comune, perso nella musica, innamorato di una bellissima giovane (Golshfiteh Farahani), deciso a suicidarsi per questa malattia d'amore e di vita.

''Il film e' una fiaba, non c'e' ricostruzione storica anche se c'e' l'evocazione di un'epoca ormai lontana, un Iran sparito per sempre. Per noi e' un omaggio al cinema degli anni '50, non ci siamo posti limiti alla liberta' della fantasia, se non quelli di budget e di tempo'', prosegue la regista che nel film evoca anche la procace Sophia Loren di quegli anni per cui il musicista ha una gran passione. In questo viaggio, triste, nella crescente depressione del violinista c'e' pero' una ricchezza di vita speciale, sottolineata dai disegni e dagli sfondi animati che appaiono qua e la. Al centro c'e' un violino rotto (dalla moglie di lui, interpretata da Maria De Medeiros), la sua impossibilita' a suonare e la ricerca di un altro violino che pero' non gli restituira' la vita perche' il suo problema e' un altro, e' l'amore che non ha. ''Ogni nota e' una cicatrice di questo amore'', sottolinea Marjane Satrapi.

Se in Persepolis era forte la critica politica e sociale al nuovo Iran post-rivoluzionario, quello fondamentalista che impedisce la liberta' e una vita all'occidentale prima di tutto alle donne, in Poulet aux prunes c'e' altrettanto potente la nostalgia di un mondo perduto, come cartoline di una Teheran sparita di cui la regista, seppure nata anni dopo, sembra ammalata come ogni persona in esilio, costretta a stare lontano dal proprio paese. ''Ma non c'e' folklore, non vogliamo dire noi siamo iraniani, voi siete francesi o italiani, questa e' una storia d'amore universale'', aggiunge.

''Amo i film senza lieto fine – conclude pessimista – la storia (che poi come in Persepolis e' l'adattamento di una sua graphic novel) esiste perche' i personaggi sono morti, come nel mito di Romeo e Giulietta, eppure il film celebra la vita. Quest'uomo perde il piacere di vivere, di suonare, persino il gusto del cibo dopo una vita divisa a meta' tra la ricerca del grande amore della vita e la coscienza di stare alle regole del gioco''. Il suo protagonista, Mathieu Amalric ha una sua teoria: ''Nasser Ali e' il fantasma dell'uomo ideale per Marjane. Se si vuole essere onesti non si potrebbe sopravvivere a queste rotture amorose''.

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