Andrea Giuliano, attivista gay in Ungheria. Taglia neonazi: 10mila € a chi lo uccide

Andrea Giuliano, attivista gay in Ungheria. Taglia neonazi: 10mila € a chi lo uccide
Militanti neonazisti ungheresi

BUDAPEST – Perseguitato e minacciato di morte dai neonazisti ungheresi vicino al partito Jobbik perché attivista gay. Andrea Giuliano è italiano, ha 33 anni ma vive e lavora in Ungheria da tempo, racconta Tonia Mastrobuoni sulla Stampa. E sulla sua testa c’è una taglia da diecimila euro.

I suoi problemi sono iniziati dopo che alla gay parade dell’anno scorso a Budapest Giuliano ha sfilato su un carro tenendo in mano una parodia della bandiera dei “Motociclisti dal sentimento nazionale”, organizzazione neonazista e omofoba. Sulla bandiera al posto della moto stilizzata c’era un fallo.

Subito dopo sul sito del club neonazista è apparsa la sua foto, il suo indirizzo di casa e quello del suo datore di lavoro. Al suo capo arrivano migliaia di email che chiedono il licenziamento di Giuliano, italiano, colpevole, secondo loro, di “infangare il Paese e la religione cristiana”.

Ma non finisce qui. Perché sotto casa Andrea trova due uomini ad aspettarlo. Riesce a scappare, ma da allora, racconta Mastrobuoni sulla Stampa, cambia casa dieci volte, vive da amici e modifica la propria residenza tre volta.

Ad un certo punto sul sito di Sandor Jeszenszky, ex militante di Jobbik a capo dei “Motociclisti dal sentimento nazionale” (fotografato in un locale di lap dance mentre si esibiva in performance pornografiche con un costume di paillettes), appare una taglia da 10mila dollari per chi ammazza Giuliano.

Scrive Mastrobuoni:

“Abbiamo incontrato Andrea in città, in un’associazione di attivisti per i diritti civili, «Aurora». In questi giorni è di nuovo agitato in vista di un’udienza in tribunale che è stata fissata a giugno: è finito perfino sotto processo. Il capo del club dei motociclisti lo ha querelato. Un po’ curioso, il concetto di diffamazione per un’associazione di estrema destra che esibisce cartine dell’Ungheria imperiale e slogan razzisti e antisemiti: «La mia domanda è – sostiene – come ho fatto a infangare il “buon nome” di un’associazione che promuove iniziative dal titolo “Dai gas” che passano provocatoriamente davanti alla sinagoga? E poi: è possibile infangare il “buon nome” di un’associazione che mi ha minacciato di morte?».

Il processo che Andrea ha chiesto contro i suoi persecutori è invece fermo. Il suo avvocato gli ha detto che se resterà bloccato per un altro anno e mezzo, potrà ricorrere alla Corte di Strasburgo. Ma per lui non è una consolazione. «La domanda, ancora una volta, è semplice: è legale quello che hanno fatto loro? No. È legale, quello che ho fatto io? Sì». Già, in uno stato di diritto. Ma l’Ungheria lo è ancora?”

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