ROMA – Per scendere di quota da dodicimila a duemila metri occorrono una quindicina di giri al pulsante che regola l’altitudine dell’aereo. Andreas Guenter Lubitz, il copilota del volo Germanwings, per quindici volte ha ripetuto il comando, per quindici volte la sua mano ha ripetuto, ribadito la sentenza di morte per se stesso, per l’equipaggio, per i passeggeri, per l’aereo…per tutto il mondo che lui potesse distruggere.
Quindici volte, non c’è malore che tenga, anche svenuto, anche con la testa abbattuta sul pulsante dell’altitudine, anche con la mano contratta sulla manopola, mai avrebbe potuto per quindici volte a intervalli più o meno regolari dare e ripetere il comando di perdita di quota.
Quindici volte, altrettante volte il tempo e il modo di ripensarci, di fermarsi. Quindici volte, ogni volta scegliendo e riscegliendo di morire, uccidere, distruggere e distruggersi.
Se è stato lui e tutto o quasi al momento indica sia stato lui, doveva sentirsi gravemente offeso e ferito dalla vita e dal mondo, al punto da odiare e voler punire entrambi. Ma quale fosse la sua ferita, la sua piaga e quale fosse la natura dell’odio verso il mondo nutrito dal copilota di 28 anni, da un ragazzo la cui biografia al momento non offre nessun appiglio per un perché, sia pure un folle perché, non è dato sapere in queste ore. Anche immaginare è impresa ardua: una malattia letale appena diagnosticata, una zona nera della psiche mai diagnosticata?
Al momento difficile anche dire se quello di Andreas Guenter sia stato un piano, un progetto coltivato e pensato o se abbia colto, sfruttato l’occasione in un momento di lucidissima depressione. Aveva deciso di far cadere l’aereo, di distruggere se stesso e il mondo che poteva prima di decollare quel mattino, o forse ancora prima? E quindi ha teso una sorta di trappola al collega primo pilota allontanandolo dalla cabina con astuzia e premeditazione? Oppure il primo pilota è andato al bagno, è uscito dalla cabina e solo a quel punto Andreas ha scelto, deciso e d eseguito in stretta sequenza i tempi e i modi della strage?
In cabina, comandante al bagno, era rimasto solo nonostante i protocolli vogliano che mai uno resti lì dentro da solo, doveva, in assenza del comandante, entrare un assistente di volo. Ma non si fa quasi mai e non si è fatto a bordo del Germanwings. Da solo come da piano studiato o improvvisamente da solo Andreas si è barricato. Non è difficile, le porte delle cabine sono blindate e per rientrare, per riaprirle occorre un codice. Il comandante da fuori conosceva certo il codice ma chi è dentro la cabina può bloccare anche il codice perché uno dell’equipaggio può anche essere costretto a rivelarlo a un dirottatore sotto minaccia della vita. Quindi Andreas blocca con controcodice il codice e siede alla cloche.
Da dove per 15 volte dirige l’aereo contro la montagna, 15 ripetuti comandi di morte, 15 gesti di puro, inestinguibile odio verso se stesso e il mondo. Quindici volte boia di se stesso e di 15o esseri umani. Quindici volte boia e neanche una parola per il mondo contro cui mandava a schiantare un aereo, il suo aereo, la sua vita, la vita di tutti. Non una parola per ciò e chi odiava e neanche per ciò e chi amava. Se pur la mente di Andreas riusciva ancora ad amare qualcosa e qualcuno…
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