KIEV – I blindati russi che il 25 febbraio sono stati avvistati nel centro di Sebastopoli sono l’inquietante messaggio che Vladimir Putin lancia al mondo sull’Ucraina. La Russia ha perso il primo round con la defenestrazione del suo uomo Viktor Ianukovich, ma ora l’integrità territoriale del Paese è ad altissimo rischio.
Nella russofona Crimea infatti, dove è di stanza la flotta russa del Mar Nero, molti si rifiutano di riconoscere le nuove autorità di Kiev e migliaia di persone manifestano da giorni a favore della secessione e dell’annessione a Mosca. Intanto a Kiev il braccio destro di Iulia Timoshenko e presidente ad interim, Oleksandr Turcinov, è stato costretto a rimandare a giovedì la formazione di un nuovo governo d’unità nazionale che ci si aspettava fosse varato già il 25 febbraio.
Probabilmente le tante e diversissime forze che hanno partecipato alla vittoriosa protesta antigovernativa non hanno trovato ancora una soluzione condivisa sulla composizione del nuovo esecutivo. Ma il tempo stringe: il Paese deve superare una grave crisi politica, e anche le sue finanze sono a pezzi. Non è possibile “aspettare di più – ha precisato Turcinov in parlamento -. Svolgete consultazioni giorno e notte”.
Non sarà però facile accontentare tutti. Per uscire dalle sabbie mobili in cui si è impantanata, l’Ucraina ha bisogno di denaro. Mosca ha già annunciato il congelamento del prestito da 15 miliardi di dollari che aveva promesso al governo dell’ormai ex presidente Ianukovich, e così non rimangono che gli occidentali: Fmi, Ue e forse Usa. Il capo della diplomazia di Bruxelles, Catherine Ashton, ha sottolineato che l’Ue attende proprio la formazione di un nuovo governo e la presentazione di un piano di riforme economiche per determinare la somma necessaria per l’assistenza finanziaria a Kiev, con aiuti a breve e a lungo termine.
Ma la tensione rimane altissima. Gruppi di volontari armati continuano a pattugliare la capitale, mentre i simboli del dominio di Mosca, sia zarista che sovietico, continuano a essere abbattuti. Solo la settimana scorsa sono stati messi ko una quarantina di monumenti a Lenin, e oggi la stella sovietica che per decenni è stata sulla guglia del palazzo del parlamento ucraino è stata rimossa, a quanto pare su ordine del vice presidente dell’organo legislativo, Ruslan Koshulinski, membro del partito ultranazionalista ‘Svoboda’.
E il 24 febbraio a Brodi, nella nazionalista regione di Leopoli, un monumento al generale che sconfisse Napoleone, Mikhail Kutuzov, è stato abbattuto tra gli applausi della folla, facendo indignare Mosca, secondo cui si tratta della “ennesima azione barbarica russofoba”.
A preoccupare è soprattutto la russofona Crimea – “regalata” all’Ucraina da Krusciov nel 1954 – dove nel fine settimana a Kerch la folla ha già sostituito la bandiera gialla e blu ucraina con il tricolore russo. Nel centro di Sebastopoli oggi sono stati avvistati i blindati di Mosca, e centinaia di cittadini chiedono che sia nominato sindaco un cittadino russo, tale Alexiei Chali. Sempre a Sebastopoli domenica diecimila persone sono scese in piazza per partecipare a una manifestazione di protesta organizzata da movimenti filorussi contro “i fascisti che hanno preso il potere a Kiev”. E non finisce qua: centinaia, forse già migliaia di persone si stanno arruolando in gruppi armati di “autodifesa”.
Le nuove autorità ucraine sono perfettamente coscienti del rischio che la Crimea si stacchi dal resto del Paese, e oggi il consiglio di sicurezza di Kiev ha discusso della situazione nella penisola sul Mar Nero. Dall’altra parte però c’è la Russia, che sta già pensando di semplificare la concessione dei passaporti russi nelle regioni russofone e in particolare in Crimea, dove domani arriverà una delegazione di senatori russi.
E proprio nella repubblica autonoma è stato avvistato qualche giorno fa l’ex presidente Ianukovich, che secondo alcuni potrebbe raggiungere la Russia via mare, e che oggi il parlamento ucraino ha deciso di far giudicare dalla Corte internazionale dell’Aja “per crimini contro l’umanità”.
Il “re”, d’altra parte, è sempre più nudo: i documenti che Ianukovich aveva tentato di distruggere prima della fuga da Kiev, sabato scorso, sono stati recuperati da sommozzatori volontari, asciugati e catalogati uno a uno, con un team di giornalisti investigativi che ha iniziato a pubblicarli online, sul sito yanukovychleaks.org, svelando, tra l’altro, le cifre da capogiro che l’ex capo di Stato ha speso per la sua lussuosissima villa fuori Kiev.