Mosca dice di aver ripristinato la fornitura di energia elettrica a Chernobyl ma Kiev nega: “Solo fake news”. Il ministero dell’Energia russo ha annunciato che gli esperti bielorussi hanno ripristinato la fornitura di elettricità a Chernobyl. Lo riporta il Guardian. La centrale nucleare rischiava di rimanere senza l’energia necessaria ad attivare i sistemi di raffreddamento dell’impianto di stoccaggio del materiale radioattivo.
La risposta di Kiev
Energoatom, l’azienda di Stato ucraina che gestisce le quattro centrali nucleari nel Paese, ha invece definito “fake news” la notizia annunciata da Mosca secondo la quale esperti bielorussi avrebbero ripristinato la fornitura di elettricità a Chernobyl.
Ricotti: “Dispersione? Allarme infondato”
“Non c’è niente di più difficile da nascondere della radioattività: la sensibilità degli strumenti è tale che captiamo persino l’isotopo Potassio 40 contenuto nelle banane, figuriamoci se può passare inosservata la dispersione di materiale radioattivo da una delle centrali ucraine”.
È quanto afferma, in un’intervista a La Repubblica, Marco Ricotti, professore di Impianti nucleari al Politecnico di Milano e coordinatore del gruppo di lavoro Iaea per i reattori di nuova generazione, che invita a non alimentare il panico e ad affidarsi ai dati scientifici. Desta preoccupazione il sistema di raffreddamento dell’impianto di Chernobyl. È un allarme infondato?
“Sì. Perché il combustibile nucleare è ormai spento da molti anni, anche se emette ancora calore e dunque va raffreddato. Ma la potenza residua è davvero bassa – spiega – Sappiamo che ci sono dei generatori di elettricità di emergenza. Avranno anche una autonomia limitata a 48 ore ma per farli continuare a funzionare basta rifare il pieno di gasolio che non credo manchi alle truppe russe che hanno preso il controllo della centrale. E anche se i generatori dovessero andare fuori uso basterebbe aggiungere acqua alla piscina, in modo da compensare quella evaporata per il calore”. “In quanto tempo ci accorgeremmo di una contaminazione? Questione di poche ore – dice Ricotti -. In ogni Paese ci sono migliaia di stazioni che segnalano l’eventuale presenza di isotopi radioattivi. E sono collegate tra loro in reti internazionali di monitoraggio”.