Coronavirus, in Spagna i test acquistati dalla Cina non funzionano: "Risultati inaffidabili" Coronavirus, in Spagna i test acquistati dalla Cina non funzionano: "Risultati inaffidabili"

Coronavirus, in Spagna i test acquistati dalla Cina non funzionano: “Risultati inaffidabili”

MADRID  –  I kit rapidi per la diagnosi del coronavirus che la Spagna ha acquistato dalla Cina per testare strati sempre più ampi della popolazione non funzionano bene. Lo scrive il quotidiano El Pais, citando le conclusioni a cui sono giunti numerosi laboratori di microbiologia degli ospedali locali, secondo i quali i risultati dei test preliminari non sono incoraggianti. “Non rilevano i casi positivi come previsto”, ha segnalato una fonte citata dal giornale.

Questi kit, prodotti dalla società cinese Bioeasy con sede a Shenzhen, hanno una sensibilità del 30%, invece di quella minima richiesta dell’80%, ha riferito la stessa fonte. E uno dei microbiologi che si è occupato dei test ha confermato: “Con questo valore non ha senso utilizzare questi test”.

Così gli esperti che hanno valutato questi kit di rilevamento hanno concluso che in Spagna bisognerà continuare a usare il test attuale, la reazione a catena della polimerasi (Pcr). 

Dalla Cina in Spagna sono arrivati anche 550 milioni di mascherine, 950 respiratori e 11 milioni di paia di guanti. Si aggiungono ai 5,5 milioni di kit per il test, che però sembrano non funzionare. Il tutto è stato ottenuto firmando un contratto da quasi mezzo miliardo di euro con Pechino.

Coronavirus, la situazione in Spagna

L’epidemia di Covid-19 in Spagna sta raggiungendo cifre di contagiati sempre più elevate. Lunedì sono state 462 le persone uccise in 24 ore dal virus, martedì il numero è salito a 514, mercoledì a 738: una progressione inesorabile che ha portato anche la Spagna, dopo l’Italia, a sorpassare la Cina per numero di morti provocate dall’epidemia di coronavirus.

In totale le vittime sono ormai più di 3.400, mentre il numero dei pazienti è schizzato ulteriormente verso l’alto del 20% sforando quota 47.600. Senza risparmiare neppure il governo di Madrid: dal primo tampone eseguito nei giorni scorsi è arrivata la conferma che anche la vicepremier Carmen Calvo, ricoverata da domenica, è stata contagiata. Prima di lei, altri due ministri e la moglie del premier Pedro Sanchez erano stati infettati.

La situazione costringerà gli spagnoli a rimanere blindati nelle loro case ancora almeno fino a Pasqua. Il Parlamento spagnolo ha dato il suo via libera alla proroga fino all’11 aprile delle misure di confinamento decise dal governo per limitare la diffusione del virus. Tutti i partiti, tranne Vox, si sono detti d’accordo.

Dal 14 marzo, i cittadini spagnoli possono uscire soltanto per fare la spesa, per andare a lavorare e per pochissime altre eccezioni come portare fuori il cane. Finora il governo di Madrid ha invece escluso l’eventualità di interrompere le attività economiche non essenziali come ha fatto l’Italia e come hanno richiesto in Spagna alcune regioni.

L’emergenza sta portando al collasso il sistema sanitario del Paese. I reparti degli ospedali sono intasati dal costante arrivo di nuovi pazienti in gravi condizioni. C’è il problema dei medici che continuano ad ammalarsi: sono oltre 5.400 gli operatori sanitari rimasti infettati dal virus, vale a dire circa il 12% del totale. E poi mancano le forniture mediche. (Fonti: Ansa, AskaNews, El Pais)

 

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