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Coronavirus Svezia: “A maggio immunità di gregge”. Poi lo studio viene ritirato

ROMA – Secondo uno studio presentato dall’Agenzia di sanità pubblica, la Svezia si sarebbe lasciata alle spalle il picco dei contagi di coronavirus lo scorso 15 aprile.

Grazie a questo studio, il Paese a maggio potrebbe raggiungere la tanto discussa immunità di gregge.

Peccato però che le previsioni confermate in questo studio siano state nel frattempo ritirate dato che i dati sono risultati sbagliati.

In Svezia gli ultimi dati ufficiali parlano di 15.322 casi confermati e 1.765 morti: circa 6.200 contagi sono stati registrati nella regione di Stoccolma che conta 2,3 milioni di abitanti e che rappresenta l’epicentro della diffusione del Covid-19. 

Secondo quanto presentato in origine dall’Agenzia di sanità pubblica, al 15 aprile 86mila abitanti della capitale svedese e della sua regione erano potenzialmente portatori del virus. Ciò avrebbe coinciso con il raggiungimento del picco ora superato.

Per questa ragione, nel Paese si è deciso di andare avanti senza lockdown: “Il picco è stato raggiunto, ogni giorno possiamo aspettarci meno casi” riporta il Corriere della Sera citando l’Agenzia di salute pubblica svedese.

Con l’immunità di gregge, secondo le previsioni dell’Agenzia la Svezia sarebbe uscita dal tunnel senza i contraccolpi economici che il coronavirus sta avendo in tutto il resto del mondo: qui infatti, le aziende e uffici sono rimasti sempre aperti. 

Lo studio è stato però nel frattempo ritirato perché si fondava su una stima, quella di 999 casi asintomatici per ogni caso accertato, poi risultata errata.

Un dato del genere avrebbe portato i contagi effettivi nella regione di Stoccolma a 600 mila. 

Nella giornata di domani (govedì 23 aprile ndr) intanto, questi dati ricavati da un test su un campione della popolazione verranno ripresentati con le previsioni corrette.

Che l’Agenzia di sanità Pubblica provi nuovamente a parlare di immunità di gregge? Il sospetto c’è.

Intanto però da Sydney in Australia arriva uno studio che smonta la teoria dell’immunità di gregge. 

Se si rinunciasse a tutte le restrizioni nel perseguireun’immunità naturale, spiega lo studio,  si esporrebbe la popolazione ad epidemie cicliche di Covid-19 anche di altri ceppi, forza lavoro fortemente ridotta per malattia e ancora morti.

Responsabile del progetto che ha messo in discussione l'”immunità di gregge” è Raina MacIntyre, a capo del Programma di ricerca sulla biosicurezza dell’Università del New South Wales: “L’immunità di gregge – scrive – è un mito. Ha una connotazione di eugenica”.

Si avrebbe un forte aumento dei contagi con poco vantaggio a cui seguirebbe la necessità di più lockdown, perché il sistema sanitario sarebbe gravemente impattato”.

“Si avrebbe metà della forza lavoro in malattia o quarantena – continua – e una massiccia insorgenza del virus negli ospedali, a spese di altri interventi e trattamenti”.

“Al momento – conclude – non sappiamo quanto duri l’immunità da Covid-19, non sappiamo se si formino mutazioni anche minori che farebbero circolare un ceppo leggermente differente. Se questo avvenisse, non sappiamo se una precedente esposizione offrirebbe una sufficiente immunità” (fonte: Corriere della Sera, Ansa). 

 

 

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