L’uomo che non può riconoscere i volti. L’incredibile malattia di David Fine

ROMA – Per lungo tempo, David Fine ha pensato che tutti fossero come lui. Ha creduto cioè che anche per le altre persone riconoscere i volti altrui fosse difficile, quasi impossibile. Una malattia neurologica rara dal nome difficile da ricordare, la prosopoagnosia, ha dato a questo gastroenterologo britannico questo strano handicap. Ci sono voluti più di cinquant’anni perché Fine capisse di soffrire un disturbo per cui non riconosce i volti delle persone, e altri tre anni, perché gli fosse diagnosticata la prosopoagnosia.

Sebbene si tratti forse di una verità controintuitiva, il riconoscimento dei volti delle persone rappresenta una facoltà specifica del sistema nervoso centrale. Questa facoltà può risultare deficitaria a causa di disturbi congeniti o di lesioni al cervello. Nel caso di Fine, la prosopoagnosia lo accompagna fin da quando è nato. Come spiega il medico britannico : “Per quanto guardo indietro, non sono mai stato capace di riconoscere le persone grazie ai loro volti. Mi ci sono voluti almeno trent’anni per capire che la mia percezione facciale era inferiore alla media e altri dieci quindici per capire che, nella percezione delle persone, i volti sono unici. Avevo quasi cinquant’anni quando ho sentito parlare per la prima volta di prosopoagnosia .”

Per anni, Fine è sopravvissuto salvando le apparenze grazie ad una serie di stratagemmi. Le persone possono essere infatti riconosciute grazie al colore e alla foggia dei vestiti, al linguaggio del corpo, al timbro della voce. Così al collegio inglese dove studiava, Fine si aiutava con i colori delle cravatte e nell’ospedale dove lavora da anni legge i nomi dei pazienti sui referti e quello dei colleghi sui tesserini di riconoscimento. Gli incidenti sociali però, com’è ovvio che sia, non sono mancati in questi cinquant’anni, dalle punizioni a scuola per non aver salutato un professore alle lunghe discussioni con persone per lui tragicamente irriconoscibili. Senza parlare delle difficoltà a seguire da solo un film o una pièce di teatro, dove gli attori si cambiano spesso i costumi.

David Fine confessa anche di non riconoscersi lui stesso, nelle foto o nei film amatoriali. Nella sua intervista omette però di dire, forse perché è un gentleman, se riconosce la moglie. Un celebro racconto del neurologo e psichiatra Oliver Sacks, tratto da un vero caso clinico e incentrato su questo difetto cognitivo, si chiamava proprio “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello”.

 

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