Francia, gli archivi della polizia di Vichy andranno in rete. E quelli di Salò?

Pubblicato il 2 Luglio 2010 - 21:19 OLTRE 6 MESI FA

Guy Moquet, giovane comunista arrestato dalla polizia di Vichy nel '40

Gli archivi di Vichy saranno online. Sarà un lavoro meticoloso e duro, ma entro sei anni i documenti custoditi dalla polizia di Parigi potranno essere a disposizione di tutti, digitalizzati e di pubblica consultazione.

I faldoni del governo del cosiddetto État français durante l’occupazione tedesca (1940 -1944) verranno rispolverati. E volendo azzardare un confronto tra i due regimi sconfitti della seconda guerra mondiale, quello di Vichy e della cosiddetta zone libre in mano ai nazisti e quello della Repubblica Sociale italiana di Salò, anche se con due spiriti diversi, ci si chiede se e mai anche Roma riaccenderà le luci su quel pezzo di storia.

La memoria di allora, almeno per i francesi, è custodita in circa centro trenta grosse scatole “piene fino all’orlo” di fogli e documenti relativi all’attività delle brigate speciali della polizia, nate con la firma del decreto del settembre del 1939 che portò alla dissoluzione del Partito comunista francese, come spiega Françoise Gicquel, responsabile della sezione archivi della prefettura.

“Era esattamente un mese dopo il patto tedesco-sovietico, noi eravamo ancora la Terza Repubblica”, ricorda la signora Gicquel. Quando salì al potere nel 1940 il maresciallo Pétain, strenuo anticomunista, mise le brigate al suo servizio per sradicare il nemico “comunista-terrorista”, secondo la terminologia di allora.

“Anche se le brigate speciali ebbero un ruolo pressoché marginale, attraverso i loro archivi si potrà imparare molto riguardo a come funzionavano”, spiega Henry Rousso, storico e direttore di ricerca all’Institut du temps présent (CNRS).

Attraverso i meticolosi rapporti dei raid, le trascrizioni degli interrogatori e gli elenchi aggiornati, i registri mostrano un sistema spietato ed efficiente organizzato ad hoc per smantellare le sacche di resistenza di matrice comunista.

“Dopo il loro arresto, i resistenti venivano intervistati, spesso torturati e poi consegnati alla polizia tedesca. Poi venivano trasportati al monte Valérien e fucilati”, ha aggiunto Francoise Gicquel.

“I dati della polizia forniscono informazioni su particolari gruppi sociali  di cui non si conosce nulla se non per quei pochi rapporti che ebbero con la polizia”, dice Henry Rousso.

“Come chiedere allo Stato, soprattutto in una democrazia, senza mettere in discussione la sua politica?” si chiede con intelligente ironia Jean-Marc Berlière, professore di storia contemporanea all’Università di Bourgogne (Dijon), nonché il primo storico francese ad aver investigato sul ruolo della polizia durante l’occupazione nei primi anni 1980.

In breve tempo Berlière si è reso conto che la polizia ha la memoria corta, sa poco della sua storia, ma mettendo in discussione il suo funzionamento, ha scoperto anche le proprie debolezze.