ROMA – Germania. Ex Ddr, salari bassi e disoccupati: l’altra faccia del modello tedesco. Disoccupazione a livelli italiani, imprese in bancarotta, campagne abbandonate, villaggi deserti, la sensazione di essere tedeschi di serie b: nella ex Ddr, quando manca poco all’anniversario dei 25 anni dall’unificazione, sembra avverarsi l’analisi-premonizione di Peter Schneider secondo cui il “muro è nelle teste”. Il cittadino tedesco dell’Est ha un serio problema di identità: intanto il suo salario vale al massimo, in media, il 66% di quello pagato a ovest.
Andrea Tarquini per Repubblica documenta questa doppia velocità facendosi un giro per i centri di assistenza (tafel) a chi nelle grandi città dell’est (Dresda, Lipsia) non ce la fa ad arrivare a fine mese perché non trova un altro lavoro, perché solo di welfare non vive, perché un pasto caldo gratis alla mensa dei poveri gli fa risparmiare quei 20 euro al mese che non li fanno precipitare. Qui il miracolo tedesco delle riforme di Schroeder o l’autorevolezza della figlia più celebre e fortunata dell’est Angela Merkel (che ha spostato così a sinistra la Cdu che nessuno vota più Spd) non raccolgono gli stessi applausi che ricevono a Ovest.
«Vengono molte madri sole, hanno uno o due mini lavori ma non basta fino a fine mese», spiegano alla Tafel, «e inquieta la povertà dei pensionati in un paese ricco». Centomila persone a Dresda e dintorni, dicono le statistiche federali, sono bisognose, ma i visitatori della Tafel sono in media tredicimila: gli altri non sanno che esiste, o si vergognano di andarci. Non te lo aspettavi, correndo col vecchio Suv bavarese verso Dresda, ma è così: con tutte le differenze, quasi pensi a Dickens.
Qui, in una città ricca, non nella “pampa gelida” del Meclemburgo– Cispomerania dove tra fattorie collettive in bancarotta da anni, villaggi svuotati dall’esodo e pianure ove i viventi sono solo cinghiali o cervi, non puoi neanche usare il cellulare: mancano i ripetitori, non servirebbero quasi a nessuno. O nel Brandeburgo, l’antica Prussia così spopolata dai giovani che «neanche i neonazi trovano qualcuno da pestare», come canta il cabarettista Rainald Grebe nel motivo-cult dell’Est. Povertà, e qualche delusione, sono diffusi, anche se Turingia e Sassonia sono location di eccellenze, e in alcune zone dell’Ovest va peggio.
Eccoci a Magdeburgo, Sassonia- Anhalt, la capitale dallo splendido duomo. Sono una Spoon river dei vivi, le storie della gente in coda alla Tafel di Porsestrasse 16. «Ho 46 anni, mi chiamo Ralf, sono idraulico, disoccupato da 7 anni, diabetico, nessuno mi assume. Qui risparmio 20 euro al mese, tanti». «Mi chiamo Martina, ho 55 anni, sono giardiniera, senza lavoro da 12 anni, di pensione avrò 128 euro mensili. Mi vergognavo, ma che altro potevo fare? E qui sono gentili». Ecco Dorit, 35 anni, parrucchiera e sarta. «Cinque anni senza lavoro, mi danno persino cioccolata per mia figlia». E Peter, robusto 64enne: «Ero muratore da sempre, è finita. I soldi non mi bastano».
O Inga, 79 anni: «Ho manovrato le gru dei cantieri per una vita, ora 550 euro di pensione. Vengo qui, non mi lamento». Un quarto di secolo è tanto, i ricordi di pestaggi e torture della Stasi si allontanano. Il reddito medio nei “nuovi Bundeslaender”, ammette Berlino, è il 66 per cento di quello dell’Ovest. «Tanto sviluppo, tanti successi ma anche ombre », afferma al Financial Times Iris Gleicke, delegata del governo federale per i problemi dell’ex Ddr. Risanare la Ddr disastrata da Honecker e da Mosca costa ancora alla Germania unita 100 miliardi di euro all’anno: moltiplicato 25 anni, altro che Grecia o eurosalvataggio.
Eppure la beneficienza è vitale persino a Lipsia, la città più ricca dell’est tedesco, la “seconda Berlino” che attira tanti giovani d’ogni parte d’Europa. Anche qui dove producono Bmw e Porsche e l’aeroporto fa invidia ai nostri, accanto ai ristoranti di lusso, da Gourmétage tutto caviale e champagne ai caffè e negozi del Maedler- Passage d’epoca imperiale, ci pensa il Restaurant des Herzens (ristorante del cuore) a rifocillare i poveri. Ci sono due Lipsie, notava di recente Christiane Kohl della Sueddeutsche Zeitung : ricchi o borghesi e poveri, non si odiano ma s’ignorano a vicenda. Non costruisci così una nuova identità nazionale, distrutta quella obbligata nello Stato totalitario finito nella pattumiera della Storia. (Andrea Tarquini, La Repubblica)