PARIGI – E’ ancora mistero sulle cause del disastro aereo Germanwings: i 150 passeggeri precipitati martedì sulle alpi francesi col volo 4U 9525 sono morti senza un perché. Tutte le ipotesi sinora paventate, incendio, litio, portellone, dirottatore, falliscono miseramente alla prova dei fatti: non reggono. L’unico dato certo è che l’aereo ha cominciato inspiegabilmente a perdere quota tra le 10:31 e le 10:32, dopo aver volato per mezzora ad altezza regolare. Nessun mayday, nessuna segnalazione dai piloti: l’aereo non cade, ma la discesa è veloce, 1 km al minuto fino alle 10.41, quando dell’Airbus 320 si perde ogni traccia. La caduta effettiva, secondo Germanwings, è durata 8 minuti. Lo schianto è avvenuto alle 10:53, a una velocità stimata fra i 600 e i 700 km/h. In mezzo il buio totale.
Che cosa è successo? Secondo il Bea, l’ufficio francese preposto alle inchieste sugli incidenti aerei, “è troppo presto” per dirlo: “Servono settimane se non mesi”, per analizzare i contenuti della scatola nera. In ogni caso, la vera notizia è che la scatola nera, quella con la scheda audio contenente le voci dei piloti e i rumori prima dello schianto è stata recuperata ed è “utilizzabile e leggibile”.
Servirà, spiega il direttore del Bea,
“un lavoro dettagliato per capire i suoni e le voci della scheda audio. Serve un lavoro di comprensione dei suoni, delle voci, degli allarmi”.
Troppo pochi e frammentati i dati finora raccolti per trarre conclusioni. Ma per Giuseppe Daniele Carrabba, a capo del coordinamento aeroporti dell’Enac, l’autorità italiana che vigila sull’aviazione, almeno una deduzione logica è possibile: tutti bordo dell’Airbus 320 della Germanwings dovevano “necessariamente” indossare le mascherine.
Doveroso a questo punto cominciare a fare ordine tra le informazioni sin qui emerse. Partendo dall’inizio: l’aereo è decollato alle ore 10 in punto dall’aeroporto internazionale di Barcellona El Prat, in ritardo di oltre 20 minuti. Ha sorvolato il mare prendendo quota e raggiungendo alle 10:17 i regolari 30 mila piedi (9 km), poi 38mila alle 10.27 a largo di Tolone, nel sud della Francia. Tutto procedeva regolarmente, anche la velocità: 470 nodi (870 km all’ora). Alle 10:30 comincia il mistero: l’aereo scompare dai radar, in assenza di comunicazioni la Direzione dell’aviazione civile francese è costretta a far scattare la procedura di emergenza. Sono le 10.47 quando un caccia dell’aeronautica militare si solleva in volo in funzione antiterrorismo, affiancato da un elicottero dei gendarmi. L’aereo Germanwings è introvabile, almeno all’altezza in cui doveva trovarsi. Sei minuti dopo, alle 10:53, si schianta sul monte Trois Evechés nelle Alpi francesi.
Ipotesi numero 1, la più accreditata tra gli esperti, è quella della depressurizzazione, cioè una mancanza di ossigeno in cabina e in carlinga. La causa? La rottura di un finestrino (improbabile) o del portellone che secondo indiscrezioni aveva già dato problemi il giorno prima a Dusseldorf. In questo caso la temperatura in cabina sarebbe scesa rapidissimamente da 24 a -60 gradi e la mancanza di ossigeno ad altitudini così elevate avrebbe causato ipossia e perdita di conoscenza, sia dei passeggeri che dei piloti. Una morte indolore, dunque, ma inverosimile perché in tal caso la strumentazione di bordo avrebbe dovuto segnalare il guasto prima del precipitare degli eventi e una volta comunicato alla torre di controllo, l’aereo avrebbe dovuto invertire la rotta e rientrare in aeroporto.
Ipotesi numero 2, più grave: scoppia un incendio a bordo e saltano tutti i sistemi di comunicazione. I piloti, impossibilitati a comunicare l’emergenza, si affidano al pilota automatico che avrebbe però dovuto mantenere l’aereo sulla rotta di crociera e non farlo precipitare, come invece è accaduto, almeno fino a quando non fosse rimasto a secco di carburante. E poi ci sono gli esperti francesi, ex piloti o esperti di aviazione civile e militare, che escludono un esplosione, ma non sono altrettanto categorici nell’escludere una “presenza illecita” a bordo.
Il ché ci porta all‘ipotesi numero 3, il dirottamento, che spiegherebbe non soltanto l’assenza di contatti volontaria da parte dei piloti ma anche il mancato ricorso al codice d’emergenza (7077) che in casi disperati si invia a terra tramite trasponder e pure il calo di quota controllato. Ma resta difficile credere che non siano riusciti ad approfittare di un istante di distrazione dell’attentatore e a premere il pulsante di emergenza, un tasto rosso da schiacciare al primo accenno di irruzione in cabina di pilotaggio.
Ipotesi numero 4: il litio. Esplodono le batterie e il fumo avvelena e intossica i piloti che perdono conoscenza. Ma a quel punto il calo di quota sarebbe dovuto essere più brusco e repentino.