Isis a casa nostra: strage Parigi, il califfato attacca l’Europa

Isis a casa nostra: strage Parigi, il califfato attacca l'Europa
La bandiera dell’Isis che campeggia su San Pietro. Immagine che da oggi fa più paura

ROMA – Immaginate che un gruppo di armati in “divisa nera” abbiano assaltato a via del Tritone la sede del Messaggero o a via Solferino quella del Corriere della Sera o a viale Mazzini, quella della Rai. Immaginate che siano entrati, abbiano messo tutti al muro e abbiano fatto una dozzina di morti in una esecuzione di massa di “infedeli”. Ecco quello che è successo, successo davvero, non per immaginazione. Successo a Parigi. Cioè Europa. Terra di “infedeli” per il neonato califfato islamico tanto quanto Roma.

Poco prima di mezzogiorno di mercoledì 7 gennaio l’Isis è arrivata a casa nostra. Ha colpito a Parigi, nel cuore dell’Europa. Ha scelto un obiettivo, la redazione del giornale  satirico Charlie Hebdo, simbolico ma allo stesso tempo aggredibile. E ha fatto una strage: al momento il bilancio parla di 12 morti,diversi feriti. Ma ad essere ferito, prima ancora della Francia, colpita al cuore, è l’occidente tutto:  l’attacco dell’Isis è arrivato dove voleva arrivare e dove noi europei abbiamo pensato e sperato che non potesse arrivare.

Una azione militare studiata nei dettagli. Ad agire è stato un commando organizzato.  Due uomini armati di kalashnikov e un lanciarazzi, incappucciati e vestiti di nero. Avevano studiato tutto nei dettagli. Sapevano, per esempio, che a guardia del settimanale, che pure era obiettivo sensibile per aver pubblicato delle controverse vignette due anni fa e che era stato già oggetto di un attacco, c’era una sola auto della polizia. E come i commando militari i terroristi hanno ucciso prima di tutto i due agenti. E poi hanno fatto irruzione nella sede del giornale. Urlando “Vendicheremo il Profeta” e “Allah u Akbar”. Ma soprattutto sparando a caso e all’impazzata.

Nel giro di pochi minuti è successo di tutto: gente in fuga sui tetti, cadaveri in terra, polizia e ambulanze che iniziavano ad accorrere sul posto. Troppo tardi per impedire il massacro. La Francia, ora, è un Paese sotto choc. Fatica a trovare le parole il presidente Francois Hollande, già in crisi di consensi prima del disastro. Di parola ne usa una tanto banale quanto chiara: terrorismo. Parola che fuga gli ultimi dubbi sul fatto che non si sia trattato dell’azione isolata di un pazzo.

E’ stata azione organizzata e precisa. Non è stata l’unica. Lo dice lo stesso Hollande nel suo improvvisato discorso davanti alle macerie della redazione di Charlie Hebdo:

“Diversi attentati terroristici sono stati sventati nelle ultime settimane. Siamo minacciati, come altri paesi nel mondo, perché siamo un paese di libertà”

Dice “diversi” Hollande e fa capire che l’Isis in Francia era già attiva. Non è quindi solo questione di “vendicare Maometto”, non è solo questione di vignette satiriche. Non si organizza un commando solo per “vendicare il profeta”. Facile pensare che Charlie Hebdo fosse in una lista di obiettivi e che sia stato scelto perché simbolico e attaccabile. Che l’attacco sia arrivato proprio nel giorno in cui  sulla copertina di Charlie Hebdo,  campeggia una foto dello scrittore Michel Houellebecq, al centro di polemiche per il romanzo in uscita oggi “Sottomissione”, che racconta l’arrivo al potere in Francia di un presidente islamico, è quasi un dettaglio.  Invece ha molto più senso ricordare, oggi, come lo scorso 19 novembre in un video l’Isis aveva esortato i musulmani francesi a colpire in Francia.  

Il senso profondo dell’attacco, quello in cui l’Isis ha purtroppo fatto centro, è l’aver reso realtà domestica e immediata quello che pensiamo possa accadere sì, ma in luoghi lontani da casa nostra: ora Kabul, ora Gerusalemme, ora una qualche città della Siria. Qualche mese fa l’Isis aveva pubblicato una inquietante foto di una bandiera nera che campeggiava sulla basilica di San Pietro. Oggi, quell’immagine, sembra improvvisamente meno di fantasia.

I commenti sono chiusi.

Gestione cookie