Italia condannata per i respingimenti in Libia: 15 mila euro a vittima

Pubblicato il 23 Febbraio 2012 - 10:59 OLTRE 6 MESI FA

STRASBURGO – La Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha condannato l’Italia per i respingimenti verso la Libia. Nel cosiddetto caso Hirsi, che riguardava 24 persone nel 2009, non è stato in particolare rispettato l’articolo 3 della Convenzione sui diritti umani, quello sui trattamenti degradanti e la tortura.

Il caso è relativo al 6 maggio del 2009, quando a 35 miglia a sud di lampedusa, in acque internazionali – si legge in una nota del Consiglio italiano per i rifugiati – “le autorità italiane hanno intercettato una nave con a bordo circa 200 persone di nazionalità somala ed eritrea (tra cui bambini e donne in stato di gravidanza). I migranti sono stati trasbordati su imbarcazioni italiane e riaccompagnati a tripoli contro la loro volontà, senza essere prima identificati, ascoltati nè preventivamente informati sulla loro effettiva destinazione”.

I migranti non hanno avuto alcuna possibilità di presentare richiesta di protezione internazionale in Italia. Di questi 200 migranti, 24 persone (11 somali e 13 eritrei) sono state rintracciate e assistite in Libia dal Consiglio Italiano per i Rifugiati e hanno incaricato gli avvocati Anton Giulio Lana e Andrea Saccucci dell’Unione forense per la tutela dei diritti umani di presentare ricorso dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo.

“Si tratta della più importante sentenza della corte di Strasburgo riguardante i respingimenti attuati dall’italia verso la libia – ha evidenziato Christopher Hein, direttore del Cir – a seguito degli accordi bilaterali e del trattato di amicizia italo-libico siglati dal precedente governo Berlusconi”.

“E’ una sentenza storica – ha proseguito Hein – il verdetto sulla prima operazione di respingimento fatta dall’italia. Vieterà in modo definitivo e inderogabile le operazioni di respingimento di migranti intercettati o soccorsi anche in acque internazionali. La pronuncia della corte marca così un principio fondamentale di cui anche l’attuale governo non potrà non tenere conto nel rinegoziare gli accordi di cooperazione con il governo di transizione libico” .

La corte ha inoltre stabilito che l’Italia ha violato il divieto alle espulsioni collettive, oltre al diritto effettivo per le vittime di fare ricorso presso i tribunali italiani.    L’Italia è stata condannata a versare un risarcimento di 15mila euro più le spese a 22 delle 24 vittime, in quanto due ricorsi non sono stati giudicati ammissibili.

Come ha ricordato nei giorni scorsi il Consiglio Italiano per i Rifugiati (Cir), Il 6 maggio 2009 a 35 miglia a sud di Lampedusa, in acque internazionali, le autorita’ italiane hanno intercettato una nave con a bordo circa 200 persone di nazionalita’ somala ed eritrea (tra cui bambini e donne in stato di gravidanza).     I migranti sono stati trasbordati su imbarcazioni italiane e riaccompagnati a Tripoli contro la loro volonta’, senza essere prima identificati, ascoltati ne’ preventivamente informati sulla loro effettiva destinazione.

I migranti non hanno avuto alcuna possibilita’ di presentare richiesta di protezione internazionale in Italia. Di questi 200 migranti, 24 persone (11 somali e 13 eritrei) sono state rintracciate e assistite in Libia dal Cir. E’ stato lo stesso Consiglio ad incaricare gli avvocati Anton Giulio Lana e Andrea Saccucci dell’Unione forense per la tutela dei diritti umani di presentare ricorso dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo.