Malta, referendum sul divorzio. La Chiesa si chiude nel silenzio

Pubblicato il 30 Maggio 2011 - 19:22 OLTRE 6 MESI FA

LA VALLETTA, 30 MAG – La Chiesa di Malta si chiude in silenzio totale all’indomani del risultato del referendum che ha legalizzato il divorzio nell’isola con una vittoria dei Sì con il 54%. E subisce anche le contestazioni da parte dei cattolici e dei conservatori per aver condotto una campagna fondata sulla paura.

Nella Curia non commenta nessuno, e l’ufficio stampa blocca ogni chiamata diretta verso la cancelleria. Parla solo il teologo padre René Camilleri dall’Università di Malta, che bacchetta la sua Curia in una nota sul quotidiano The Times: ”La Chiesa deve per ora restare in silenzio per comprendere le realtà che non vede”.

Per Padre Camilleri, fratello di André Camilleri, presidente del movimento per il No, ”questo risultato parla chiaro sul ruolo della Chiesa nella societàmaltese, che ha sbagliato tutto e non è stata capace di spiegare la differenza tra Stato e Chiesa”.

Ma mentre la chiesa tace, insorgono i gruppi laici cattolici, che chiedono le dimissioni del pro-vicario generale della Curia, monsignor Anton Gouder, e del capo dell’ufficio stampa della Curia, padre Charles Tabone.

Per il movimento Cattolici per il Sì, ”monsignor Gouder e Padre Tabone, devono assumersi le loro responsabilità per come hanno coordinato la campagna per la Chiesa, insinuando la paura nei fedeli, facendo loro credere che votare sì fosse peccato”.

Un comunicato dei Vescovi maltesi, diffuso solo un’ora prima della chiusura dei seggi, in cui si chiedeva ”scusa” agli elettori per i toni usati durante la campagna ha avuto un effetto boomerang sulla Curia, con gente che esprimeva rabbia attraverso i social network e i giornali.

Ma il risultato del referendum provoca anche un terremoto politico. Il primo ministro, Lawrence Gonzi, ha promesso che la nuova legge che permette l’introduzione del divorzio verrà pubblicato nelle prossime settimane e che il voto in parlamento si terrà prima delle vacanze estive. Gonzi ha fatto appello al Parlamento perché ”rispetti” la volontà del popolo: il referendum, infatti, è consultivo, ma ha un fortissimo peso politico, ed è ora necessaria, per rendere legale la rottura legale del matrimonio, l’approvazione da parte del parlamento della legge.

Ma questa posizione di Gonzi viene contestato da molti suoi ministri, schierati come lui per il No. Alcuni parlamentari hanno già dichiarato che voteranno a favore della legge, nonostante la loro posizione contraria al divorzio. Molti nel governo non vogliono cambiare opinione. ”E’ una questione di coscienza”, ha risposto il parlamentare Beppe Fenech Adami, figlio dell’ex Presidente della Repubblica Edward Fenech Adami e noto per la sua posizione oltranzista.

Il divorzio resta un tema critico per la sopravvivenza politica di Gonzi. E’ stato infatti il premier ad aver voluto il referendum, spingendo il suo Partito Nazionalista (conservatore), al potere da 25 anni, a schierarsi con il No, dopo che un suo deputato ”ribelle”, Jeffrey Pullicino Orlando, ha presentato il disegno di legge per introdurre il divorzio, diventando anche leader del movimento per il Sì.