ROMA – Martin Lutero, il “primo tedesco arrabbiato”. 500 anni fa la Riforma protestante. Cinque secoli dopo, la forza di quell’icona è ancora presente: Martin Lutero diventa una chiave, che la Germania usa per leggere e capire se stessa oggi. Anche in questo spirito, i tedeschi hanno festeggiato i 500 anni della riforma cristiana, che divise la chiesa cattolica a partire dall’affissione delle 95 tesi del monaco agostiniano, il 31 ottobre. E per la prima volta, ma sarà anche l’unica, tutto il Paese (non solo i Laender evangelici) festeggerà questo importante giubileo.
A Wittenberg, il luogo dove la rivoluzione protestante ha avuto inizio, con l’affissione delle tavole che contestavano la pratica delle indulgenze, si chiuderà l’anno delle celebrazioni con Angela Merkel e Frank-Walter Steinmeier. Nella Germania alle prese con l’interpretazione di un’epoca di trasformazione insidiosa, anche attraverso la figura di Lutero, si prova ad affinare l’interpretazione della svolta, che affronta il paese, nella politica come nella società.
Una copertina di der Spiegel, che ha aperto le celebrazioni esattamente un anno fa, dedicata al riformatore, titolava: “Il primo cittadino arrabbiato”. Nessuno come lui ha segnato di più il carattere del popolo tedesco. A partire dalla lingua, utilizzata da Lutero come uno strumento politico: la sua traduzione della Bibbia in tedesco (iniziata nel periodo di esilio nella Wartburg, dove ricevette la protezione di Federico il saggio) fu un atto fondativo della lingua nazionale e rappresentò un momento di democratizzazione della fede.
La Bibbia tradotta in “volgare” – in un testo dal pregio letterario e dalla bellezza comunemente riconosciute – veniva sfilata dalle mani delle elite e consegnata alla libera interpretazione di ciascun fedele. Le 95 tesi, quell’atto di ribellione nei confronti della Chiesa di Roma, covato nella delusione e nel disgusto per la corruzione della Roma del tempo, provocarono una frattura mai sanata all’interno della chiesa cattolica: gli costarono prima una minaccia, poi la scomunica da Leone X.
Lutero combatteva il nepotismo delle gerarchie ecclesiastiche, la simonia, cioè la compravendita delle cariche, la corruzione del clero, la vendita delle indulgenze. Il libero esame, la scelta dell’individuo, l’opposizione all’autorità del Papa ne fecero il paladino dell’emancipazione delle coscienze. Anche i dogmi furono intaccati, rendendo ancor più difficile ogni tentativo di riconciliazione futura. Solo Dio concede la grazia che non arriva in cambio delle opere, secondo i protestanti, che oltre ad abolire il culto dei santi e della Madonna, alcuni sacramenti e il celibato sacerdotale, non riconoscono la transustanziazione, e cioè la presenza del corpo e del sangue di Cristo nell’eucarestia.
La tormentata vita del giovane borghese, di cui il padre avrebbe voluto fare un giurista, fu caratterizzata anche da un forte sentimento anti-turco e antisemita: era ossessionato dalla paura che turchi e ebrei potessero prendere il sopravvento. Tutti elementi che entrano nel ritratto di Spiegel per essere sintetizzati così: “Lo stampo di Lutero è lo stampo del Paese. E le crisi del tempo assomigliano a quelle di oggi. Rabbia populista? Ripugnanza per le elite? L’inclinazione all’anticapitalismo? L’antisemitismo tedesco? Anche in Lutero si può studiare tutto questo. È lui che ha dato la parola chiave Ressentiment”, un concetto poi sviluppato nelle scienze umane per definire l’individuazione di un ‘nemico’ a cui attribuire la colpa del malessere sociale.