LONDRA – Per i medici non c’è nessuna cura per la malattia e per questo motivo hanno chiesto di staccare la spina ai macchinari che tengono in vita il piccolo. I genitori del neonato però si sono opposti con tutte le loro forze a questa decisione e hanno deciso di trascinare l’ospedale fino in tribunale. È la drammatica storia di un bimbo inglese di appena sette mesi, Charlie Gard, che sta dividendo in questi giorni l’Inghilterra.
“È uno dei casi più tristi che siano arrivati di fronte a questa corte” hanno confermato i giudici londinesi chiamati ora a dirimere la delicata questione con una decisione che avrà indubbiamente dei risvolti etici e morali.
Il piccolo Charlie, nato lo scorso 4 agosto, dopo poche settimane aveva cominciato a perdere forze e peso. Portato in ospedale i medici gli hanno diagnosticato una terribile e rarissima malattia genetica, la sindrome di deperimento mitocondriale, che provoca il progressivo indebolimento dei muscoli.
Secondo gli esperti ci sono solo sedici casi al mondo e per questo non esiste una cura che possa combattere o almeno arrestare la malattia. Per i medici quindi sarebbe meglio staccare la spina ai macchinari che tengono in vita il bimbo per evitargli altre sofferenze inutili.
Una richiesta respinta dai genitori, Connie Yates e Chris Gard, convinti che le condizioni del figlio non siano così disperate.
“Siamo rimasti scioccati e inorriditi nell’apprendere che l’ospedale ha chiesto di spegnere il supporto vitale per Charlie” hanno spiegato rivelando l’intenzione di portarlo negli Stati Uniti per sottoporlo a una cura sperimentale.
“Riesce a muovere la bocca, le mani. Non le apre del tutto, ma può aprire gli occhi e vederci, può reagire a noi. Non crediamo affatto che stia soffrendo” hanno aggiunto i due coniugi che hanno anche lanciato una raccolta fondi online per arrivare alla somma di un milione di euro necessaria alle cure sperimentali.
“È come se Charlie fosse stato condannato a morte. Siamo sconvolti e terrorizzati all’idea di dover andare in tribunale per chiedere che nostro figlio non venga ucciso – ha concluso i genitori -. Vogliamo solo che ci sia data una possibilità. Non sarà una cura definitiva ma lo aiuterà a vivere. Il giudice deve fidarsi di noi, siamo i suoi genitori”.