Migranti: ora barconi sul Mar Nero, sbarcano in Romania

Migranti: ora barconi sul mar nero, sbarcano in Romania
Migranti: ora barconi sul mar nero, sbarcano in Romania

ROMA – Migranti: ora barconi sul Mar Nero, sbarcano in Romania. “Dalla Grecia non si passa più. La Bulgaria ha muri e militari schierati al confine, così come ha fatto l’Ungheria, lungo le frontiere con la Serbia e la Croazia. E quindi, l’unico passaggio per tentare di raggiungere il Nord Europa, siamo noi. Ci stanno provando”: Christian Radu, sindaco di Costanza, porto della Romania affacciato sul Mar Nero, racconta all’inviato de La Stampa, come attraverso quel piccolo mare, chiuso, famigerato per le sue improvvise tempeste, si sia aperto un nuovo canale di passaggio per i migranti siriani e iracheni in fuga dalle loro tormentate terre.

In via di chiusura la rotta libica, militarizzati i confini orientali dell’Europa, complice l’ondivaga politica turca che sembra aprire e chiudere i rubinetti a piacimento, la Romania dell’emigrazione di massa, sperimenta un inedito afflusso di umanità in viaggio, cui non sembra preparata. Sono già 2600 i migranti fermati quest’anno, un’inezia in confronto agli sbarchi siciliani, ma un numero sufficiente a giustificare una tendenza, un’alternativa percorribile. Nel 2016, per dire, solo un migrante era comparso nelle statistiche dell’immigrazione clandestina.

Proprio ieri, sull’altra sponda del Mar Nero, la scena è stata questa. Nel villaggio di pescatori di Cide, nel distretto turco di Kostamonu, all’alba hanno visto arrivare tre pullman carichi di persone. Troppe per passare inosservate. Qualcuno ha chiamato la polizia. Quando gli agenti sono arrivati, 146 migranti erano già per mare, molti di loro erano bambini, sono stati inseguiti e bloccati dalla guardia costiera turca. Altri 82 profughi erano ancora sulla spiaggia, in attesa di partire. Nessuno conosce il loro destino, dove siano adesso esattamente. In quali condizioni. Quello che sappiamo è che scappavano dalla Siria. Come molti altri che hanno provato ad attraversare «il mare inospitale». (Niccolò Zancan, La Stampa)

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