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Oskar Groening, niente grazia: il contabile di Auschwitz andrà in carcere a 96 anni

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ROMA – In Germania, nessuna clemenza per Oskar Groening, 96 anni, ex sottuficiale delle SS, il “contabile” di Auschwitz: la procura di Lueneburg ha respinto l’appello di grazia e sconterà quattro anni di prigione con l’accusa di favoreggiamento in omicidio di massa, l’eliminazione di 300.000 detenuti nel lager. Groening aveva sostenuto di essere molto malato e fatto ricorso: i procuratori di Lueneburg, ora si aspettano che a fine gennaio vada dietro le sbarre.

L’ex sottufficiale nazista, era stato condannato per la prima volta a luglio 2015, per il ruolo avuto nella gestione del campo di sterminio e nel trasporto a Berlino di denaro e averi delle persone decedute.

Groening non ha mai negato di trovarsi ad Auschwitz, nella Polonia occupata dai nazisti, e ammesso che si trattava di un centro di sterminio dove non ci si aspettava che i detenuti sopravvivessero.

Nel 1942, quando aveva 21 anni, Groening fu inviato ad Auschwitz. Quasi immediatamente ha visto gli orrori messi in atto nel lager. “Facevo parte del gruppo che supervisionava i bagagli in arrivo”.

“Il processo di selezione bagagli procedeva in modo relativamente ordinato ma quando finiva sembrava una fiera: tanta spazzatura in cui accanto c’erano persone malate, disabili, bambini che avevano perso la madre. Venivano eliminate con un colpo alla testa”.

“E il modo in cui queste persone erano trattate fece nascere dei dubbi, indignazione. Un bambino piangeva, è stato afferrato per una gamba, fatto sbattere la testa contro la barra di ferro di un autocarro, finché non ha smesso di piangere”.

Groening, che dopo la guerra ha trascorso un anno in Gran Bretagna come prigioniero, ha cantato con un coro YMCA nelle Midlands e in Scozia, tacendo su ciò che aveva fatto.

Nel corso del processo, pressato sull’omicidio di bambini, ha detto: “I bambini non erano il nemico da combattere ma il loro sandue sì. Crescendo sarebbero diventati pericolosi ebrei”.

Groening è nato nel 1921 in Bassa Sassonia, figlio di un esperto operaio tessile rigidamente conservatore “orgoglioso di ciò che la Germania aveva compiuto”. Il padre diventò ultra-nazionalista dopo la sconfitta della Germania nella prima guerra mondiale e andò in bancarotta nel 1929. Il giovane Oskar, come milioni di altri, si fece inebriare dal messaggio del nascente partito nazista e, nel 1933, si unì alla Gioventù Hitleriana.

“Credevo che i nazisti fossero persone che volevano il meglio per la Germania e che avessero fatto qualcosa a riguardo” ha detto il “contabile”.

Decise di unirsi alle SS perché erano “un’unità d’élite e volevo far parte dell’élite” ma anziché l’onore sul campo di battaglia, fu mandato in un ufficio dove contabilizzava gli stipendi dei camerati.

Nel 1942 fu spedito ad Auschwitz. “Ogni notte e ogni giorno ricordo quell’incubo. Gli ebrei avevano diamanti e oro per un valore di milioni ed era mio dovere assicurarmi che tutto arrivasse a Berlino”.

“Nel corso degli anni ho sentito le grida dei morti, non mi libererò mai di loro”.

Tornato in Germania, dimenticò la guerra, iniziò a lavorare in una vetreria dove fece carriera e diventò capo del personale, sempre tacendo sul suo passato.

Nel 2011 è stato il processo contro John Demjanjuk, guardia nel campi di concentramento, a spianare la strada alle future accuse a Groening.

Demjanjuk fu dichiarato colpevole senza un solo testimone oculare lasciato in vita che potesse dire quale fosse stato il suo ruolo nel campo di sterminio di Sobibor: fu riconosciuto colpevole per il fatto che si trovava lì.

La stessa regola applicata a Groening. Non ha mai ucciso nessuno, ma Auschwitz funzionava perché c’erano uomini come lui.

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