VARSAVIA – Wojciech Jaruzelski è morto a 90 anni dopo una lunga malattia. Generale dell’esercito, figura di spicco del Partito comunista polacco, è stato protagonista della politica della Polonia per più di trent’anni ed è stato uno dei personaggi più controversi della sua storia, a causa dei suoi rapporti con il regime comunista russo e le sue scelte politiche: tra le più discusse, la sua non opposizione al massacro della Primavera di Praga del 1968, e la legge marziale introdotta nel 1981 per combattere il sindacato di Solidarnosc di Lech Walesa.
Ma Jaruselski è anche stato, con la disgregazione dell’Urss, animatore della tavola rotonda tra governo e opposizione, non ostacolando la transizione che negli anni 90 portò la democrazia in Polonia. Classe 1923, Jaruselski è stato un uomo segnato fortemente dalla tragedia della Seconda guerra mondiale. In seguito alla spartizione della Polonia con l’accordo Ribbentrop-Molotov tra Germania e Russia nel 1939, lui e la sua famiglia, come centinaia di migliaia di polacchi, furono deportati dai sovietici in Siberia.
Durante la sua prigionia Jaruzelski contrasse l’infezione agli occhi che lo ha costretto tutta la vita a portare occhiali scuri. Rimasto orfano, nel 1943 cominciò la sua carriera militare nelle unità polacche addestrate dai sovietici, nelle quali combatté prima i tedeschi e in seguito i guerriglieri antigovernativi. Nel 1956 diventò generale, e dal 1968 al 1983 fu il ministro della Difesa polacco, una carica che lo portò a scelte difficili nel clima bollente della Guerra fredda. In particolare, nella repressione violenta della Primavera di Praga da parte degli Stati del Patto di Varsavia, il generale Jaruzelski scelse di non opporsi all’intervento militare, e nel 1970, di fronte alle manifestazioni degli operai di Danzica, scelse di nuovo di versare il sangue polacco dei lavoratori. Il risultato fu una strage.
Decisioni drammatiche, necessarie per essere in linea con le direttive di Mosca: nel 1981, alla guida del Consiglio militare della salvezza nazionale (Wron), Jaruzelski decise di introdurre la legge marziale per sconfiggere i primi segni di democrazia in Polonia, portati avanti da Solidarnosc, il sindacato del premio Nobel per la pace Lech Walesa. Le conseguenze furono violenze e arresti, ma quello fu l’ultimo vero grande segno dell’impronta sovietica in Polonia. Con la disgregazione dell’Urss, nel 1989 fu nominato Presidente della Repubblica polacca, trasformandosi in promotore del dialogo tra governo e opposizione e arrivando a sostenere il programma di governo di Tadeusz Mazowiecki, politico non comunista.
Nel 1990 lasciò il proprio mandato presidenziale, cedendolo al suo storico rivale Lech Walesa e ritirandosi a vita privata. Nel 2007 due processi sulla repressione degli operai nel 1970 e la legge marziale del 1981 accusarono Jaruzelski di “crimine comunista”. Entrambi i procedimenti vennero sospesi per la sua malattia, un linfoma. Sposato con Barbara nel 1960, ebbe una figlia nel 1963, Monika, che in un libro del 2013 lo ha definito “il dittatore”. Il popolo polacco su di lui si è diviso, tra chi ricorda il sangue versato nelle repressioni e chi pensa che con le sue scelte abbia salvato la Polonia dall’invasione sovietica. La Storia ancora non ha giudicato.