Rom, contro le “discriminazioni” i nomadi di Milano fanno ricorso alla Corte europea

Alla fine i Rom fanno causa. La decisione l’hanno presa undici nomadi milanesi: assistiti da alcune associazioni, tra cui una ong statunitense, chiederanno domani al Tribunale civile di Milano di sollevare davanti alla Corte di giustizia dell’Unione europea la questione del ”carattere discriminatorio” dei decreti sull”emergenza rom’ emanati dal Governo nel 2008. Tra le misure contestate, il censimento nei campi rom in alcune regioni.

Per domani è fissata un’udienza davanti alla prima sezione civile del Tribunale. Ad assistere gli undici nomadi ci sarà anche l’ex presidente della Corte Costituzionale Valerio Onida, candidato alle primarie per il Pd per le elezioni comunali milanesi. Nel ricorso si lamenta la violazione della normativa europea sulla discriminazione etnica.

Nell’udienza, fissata per domani mattina, verrà preso in esame il ricorso presentato nell’estate del 2008, pochi giorni dopo l’emanazione dei decreti da parte del Governo, da 10 rom del campo milanese di via Triboniano e dall’artista rom Dijana Pavlovic.

Con loro l’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione, l’Associazione Avvocati per niente, il Naga e la Ong americana Open Society Justice Initiative. A rappresentarli, oltre a Onida, ci sarà l’avvocato Alberto Guariso.

Nel ricorso i nomadi chiamano in causa la presidenza del Consiglio, il ministero dell’Interno e il Prefetto di Milano e contestano il decreto del 21 maggio 2008 che ha dichiarato ”lo stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità nomadi nel territorio delle regioni Campania, Lombardia e Lazio”. Il decreto, si legge nel ricorso, ha per presupposto che nelle tre regioni ci siano ”eventi che per intensità ed estensione debbano essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari”.

Nel ricorso si cita poi l’ordinanza che ha nominato il ”Prefetto di Milano a Commissario delegato alla realizzazione di tutti gli interventi necessari al superamento dello stato d’emergenza”, dandogli il potere di ”identificazione e censimento delle persone, anche minori di età, e dei nuclei familiari presenti” nei campi ”attraverso rilievi segnaletici”. Si tratta, viene spiegato nel ricorso, ”di un censimento individuale a carattere etnico (il cosiddetto ethnic profiling), in deroga alle norme di diritto interno ed internazionale in materia di tutela, dell’identità personale e, in definitiva, del bene della pari dignità sociale”.

Nell’atto si chiede che sia il Tribunale civile a dichiarare il carattere ”discriminatorio” delle norme. I nomadi e le associazioni, però, hanno annunciato che domani chiederanno al giudice di sollevare la questione davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in Lussemburgo. Secondo i ricorrenti, infatti, l’Italia deve ”riferire alla Corte europea sulle sue politiche riguardanti i rom”.

Gestione cookie