Santiago, macchinista accusato di omicidio colposo. “Forse era al telefono”

Il macchinista accusato per omicidio colposoSANTIAGO DE COMPOSTELA – Francisco José Garzon Amo, il macchinista del treno deragliato mercoledì sera alle porte di Santiago de Compostela è accusato di “omicidio per imprudenza”. Lo ha detto il ministro degli Interni spagnolo secondo quanto riportato dai media. L’uomo – ha spiegato il ministro – è in stato di fermo dalle 19:40 di giovedì, con l’accusa di omicidio colposo“. Nel gravissimo incidente, avvenuto alle 20:41 di mercoledì scorso, a circa quattro chilometri dalla stazione ferroviaria della capitale della Galizia, hanno perso la vita 78 persone, mentre più di 100 passeggeri sono stati ricoverati in ospedale, 31 di loro in condizioni molto gravi.

La polizia della Galizia ha interrogato venerdì sera il macchinista che era ai comandi del treno deragliato, anche lui ricoverato in ospedale, il quale non ha voluto tuttavia rispondere agli inquirenti.

L’uomo potrebbe essersi distratto perché parlava al telefono cellulare. L’ipotesi è stata avanzata da alcuni investigatori. Fonti del commissariato di polizia hanno confermato che tra i numerosi accertamenti vi è anche quello sui tabulati del cellulare di Francisco José Garzon Amo per verificare se al momento dell’incidente fosse al telefono con qualcuno e con chi.

L’Ansa scrive che la notizia dell’incriminazione è stata confermata dal presidente della giunta della Galizia Alberto Nunez Feijoo. “Non poteva che essere così”, ha detto precisando che “il tratto interessato dall’incidente non è stato ancora adeguato all’alta velocità. L’adeguamento sarà completato entro il 2018”. “Per il resto l’alta velocità spagnola è molto buona”, ha assicurato.

Intanto, nel terzo giorno di lutto nazionale per le 78 vittime del deragliamento di Santiago di Compostela si fanno roventi le polemiche sulla sicurezza e sulle responsabilità. I vertici dei Renfe, la società che gestisce le ferrovie spagnole, e quelli dell’Amministrazione delle infrastrutture ferroviarie, in dichiarazioni a diversi media accusano il macchinista di non aver rispettato i protocolli previsti per quel tratto e di essere, quindi, il responsabile del disastro.

Il presidente di Renfe, Julio Gomez Pomar, ha sostenuto che il macchinista conosce benissimo i protocolli e la stessa linea, per esservi passato almeno una sessantina di volte. Quello dell’Adif, Gonzalo Ferre, aggiunge che il macchinista sapeva di dover frenare quasi 4,5 chilometri prima della curva ”A Grandeira”, presa a 190 all’ora invece degli 80 stabiliti. Un modo anche per prepararsi ai processi e cautelarsi in caso di risarcimento, che potrebbe arrivate fino a 150 mila euro per ciascun familiare delle vittime o ferito.

Ma in un editoriale di ‘‘El Pais’‘, si mettono sotto accusa proprio i due massimi dirigenti: ”Ciò che dicono, ai cittadini interessa relativamente. Ciò che vogliono sapere è se le linee dell’alta velocità sono sicure davvero. Sono passati tre giorni dalla tragedia e i vertici di Renfe e Adif e il ministro dello sviluppo non fanno una conferenza stampa, preferendo intervenire con dichiarazioni e comunicati”, evitando, così, il contraddittorio. Ciò che interessa – si chiede il giornale – è se frenare 4 chilometri prima è una decisione del conducente in base ai protocolli o se si è in grado di garantire la sicurezza ai passeggeri a prescindere dalla discrezionalità del macchinista”.

I colleghi di Garzon Amo da una parte lo criticano, riconoscendo di non essere stato diligente nell’applicazione dei protocolli, dall’altra, però, evidenziano le carenze tecniche nel tratto di Orense-Santiago che non dovrebbe essere considerato ad alta velocità.

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