Strage a Oslo, il padre di Breivik: "Mio figlio è un terrorista"

PARIGI, 29 LUG – "Non ho nulla a che fare con quel terrorista": a una settimana dalla strage in Norvegia, il padre biologico di Anders Behering Breivik, lo spietato assassino di Oslo e Utoya, torna a parlare alla stampa, intervistato dal quotidiano locale francese 'La Depeche du Midi' nel villaggio di Cournanel, nella regione dell'Aude, nel sud della Francia, dove si è ritirato in pensione.

L'uomo, 76 anni, che ha concesso al giornale un colloquio di dieci minuti, tiene anche a precisare che questa e' la sua ultima intervista: ''Non ne posso piu'. Ditelo a tutti: questa e' la mia ultima intervista, finisce qui. E dite a tutti che non ho nulla a che fare con quel terrorista. Vi prego, ditelo a tutti, non ricevero' piu' nessuno dopo di voi''. L'ex diplomatico che ha lavorato tra Londra e Parigi e che ora vive in Francia con la terza moglie.

''Con lui non avevo piu' nessun rapporto – ribadisce – e' un terrorista. Ho divorziato quando aveva un anno, e quando ne aveva quindici abbiamo interrotto i rapporti. Avrebbe dovuto suicidarsi, penso che e' cio' che avrebbe dovuto fare, piuttosto che uccidere cosi' tante persone. Mai piu' avro' contatti con lui. Mai piu' tornero' in Norvegia. Voglio voltare pagina…Come fare altrimenti?''

Il padre del killer divorzio' dalla prima moglie quando il bambino non aveva ancora un anno, cerco' di ottenerne l'affidamento senza successo e mantenne i contatti con lui solo fino al 1995, quando Anders aveva 15 anni. Alla domanda su quale fosse oggi il suo stato d'animo, Jens si limita a dire che ''le parole non potranno mai descrivere cio' che provo oggi, e sicuramente anche domani e dopo''.

Quanto alla Francia, ''e' stata una scelta. Amiamo la Francia, il sud, e oggi vogliamo rimanere a Cournanel''. ''E' straordinario, gia' dalla domenica successiva all'attacco, i nostri vicini sono venuti a casa e ci hanno detto: ''Saremo sempre al vostro fianco. Possiamo farvi la spesa, vi lasciamo i nostri numeri di telefono'. Io ho pianto come un bambino''.

Riguardo alla protezione della gendarmeria, ''sono stato io a chiederla, quando ho capito che era proprio di mio figlio che si parlava dappertutto. Non l'avevo realizzato subito, era impossibile. Dopo lo spavento, l'incomprensione, ho avuto tanta paura per i miei. Ho chiamato il capitano ed e' venuto subito con i suoi uomini. Sono formidabili, hanno capito la nostra disperazione''.

Nell'intervista, il padre di Breivik, forse nel tentativo di evadere dall'orrore, parla pure della moglie Wanda, appassionata di pittura che l'aspetta in casa. Ai giornalisti mostra anche un catalogo dei suoi quadri. Dice di essere fiero del talento della moglie e spera che un giorno potra' esporre nella zona.

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