BRUXELLES – La peggiore giornata della storia di Bruxelles inizia prima delle otto del mattino. All’aeroporto Zaventem, il più grande della città, si avvertono due esplosioni ravvicinate. E’ l’inizio di una giornata da incubo. Una di quelle due esplosioni, vicino al banco del check in di una compagnia aerea americana, l’ha causata un kamikaze. Dell’altra, avvenuta vicino a un caffè Starbucks, si sa ancor poco. Sta di fatto che a Zaventem si scatena il panico. Ed è purtroppo solo l’inizio.
Poco più di un’ora dopo altre esplosioni. Stavolta è la metropolitana e non ci sono kamikaze: sono bombe. Anche qui sono diverse e esplodono tra le stazioni di Maelbeek e Schumann, vicino alle istituzioni europee. Le testimonianze sono come ovvio confuse. Che chi dice di aver sentito urla e scariche di mitra prima della strage. I numeri purtroppo sono angosciosi: il bilancio, ancora provvisorio, è di 31 morti e diverse centinaia di feriti. Tra questi ultimi ci sono anche alcuni italiani, almeno tre secondo quanto riferito dal Ministero degli Esteri che parla comunque di ferite “lievi” per i nostri connazionali.
Ci sarà tempo per le polemiche. Qualcosa che non torna comunque c’è: tra l’attacco all’aeroporto e quello alla metropolitana passa più di un’ora. Un’ora in cui a nessuno è venuto in mente di chiudere e far evacuare le stazioni della metropolitana. Il premier belga Charles Michel è scosso, ma soprattutto comunica quella che sembra una resa, la presa d’atto di una sconfitta inevitabile:
“Ciò che temevamo è avvenuto. Il nostro paese e i nostri concittadini sono stati colpiti da due attentati ciechi, violenti, vigliacchi”
Quando Michel parla, poco prima dell’ora di pranzo, la situazione sembra in qualche modo sotto controllo. Nulla di più illusorio. Perché poco dopo arriva l’allarme più spaventoso di tutti: la centrale nucleare di Tihagen, quella vicino a Liegi, viene fatta evacuare in fretta e furia. Si teme che i terroristi possano aver fatto qualcosa là. Uno scenario potenzialmente catastrofico di cui è praticamente impossibile intuire le eventuali conseguenze.
Non basta. Quando scoppiano le prime bombe decine di feriti vengono portati a sud di Bruxelles. Là c’è un ospedale universitario tra i più attrezzati della città, quello di Saint Pierre. Si tratta dello stesso ospedale dove qualche giorno fa era stato portato Abdesalem Salah subito dopo l’arresto. Neppure Saint Pierre scampa alla giornata infernale: arriva un allarme bomba.
In giornate così si possono fermare i treni (e la Francia lo fa subito chiudendo la frontiera col Belgio). Quella che non si può fermare è la paura. Così anche se lo scalo di Gare du Nord (quello che collega Parigi a Bruxelles) lavora a scartamento ridotto basta il classico pacco dimenticato per scatenare il panico: stazione immediatamente evacuata.
Il resto della giornata sono altri spaventosi dettagli di cronaca: dall’università evacuata in fretta e furia fino al ritrovamento di un giubbotto esplosivo in aeroporto. Quella rivendicata dall’Isis è stata una azione coordinata e paramilitare. I terroristi sono riusciti a far entrare in aeroporto bombe e armi. Poco prima delle sedici la polizia fa sapere di aver terminato le operazioni di soccorso in aeroporto mentre i siti belgi pubblicano le foto dei presunti attentatori. Le voci si rincorrono e come nel caso di Parigi si parla di terroristi in fuga diretti chissà dove. Neppure il tempo di girare la chiave nella cella di Salah che l’incubo è ricominciato.
La centrale nucleare di Tihange, evacuata per rischio attacco