ROMA – E’ stata una faglia lunga 85 chilometri a scatenare il terremoto di magnitudo 6.2 in Albania, una scossa che, vicino a Durazzo, ha sollevato il suolo di 10 centimetri. Sono gli elementi che emergono dalle prime analisi condotte dai sismologi dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv).
La zona colpita è notoriamente sismica, dove il terremoto più violento avvenuto in tempi recenti è stato quello di magnitudo 6,9 del 1979. “La porzione di faglia che si è attivata è lunga circa 30 chilometri e larga circa 15 chilometri” e “si estende da Nord-Ovest a Sud-Est fra le città di Durazzo e Lushnj”, ha osservato il sismologo Salvatore Stramondo, dell’Ingv. Si tratta di “dati da affinare ulteriormente”, ha rilevato. “Abbiamo in realtà – ha aggiunto – un sistema di faglie che si trova nella zona di compressione tra la placca eurasiatica e la microplacca Adriatica, che fa parte della placca africana”.
Qui si trovano anche le strutture responsabili della deformazione e accavallamento dei bacini di sedimenti che costituiscono il nucleo della catena delle Albanidi, sedimenti non compatti che potrebbero avere amplificato gli effetti del terremoto. In questo territorio, infatti, l’ampiezza delle onde sismiche può aumentare anche di 4 o 5 volte rispetto a quella che si avrebbe in un suolo roccioso e consolidato. E’ in questa stessa zona che una faglia simile a quella che si è attivata il 26 novembre potrebbe aver causato il terremoto di magnitudo 5,8 del 21 settembre scorso.
Come è accaduto più volte in occasione di terremoti importanti, a partire da quello del 2009 a L’Aquila, del 2012 in Emilia Romagna e del 2013 in Lunigiana, a supporto delle analisi condotte dai sismologi sono entrati in campo i satelliti equipaggiati con i Radar ad apertura sintetica. In questo caso a catturare le immagini delle zone colpite sono stati i satelliti Sentinel-1 del programma europeo Copernicus gestito da Agenzia Spaziale Europea (Esa) e Commissione Europea. “Sono dati assolutamente importanti – ha osservato Stramondo – e le immagini, acquisite prima e dopo il terremoto, indicano la zona a Nord di Durazzo come il punto di massimo sollevamento del suolo, di circa 10 centimetri”. La deformazione è stata misurata dalla piattaforma online Geohazard-tep, sviluppata dall’Esa, utilizzando una coppia di immagini radar acquisite dai satelliti Sentinel-1 dalla stessa posizione, prima e dopo il terremoto. Il confronto fra le immagini ha permesso di ottenere un interferogramma, ossia la mappa dello spostamento del suolo.
“In questo modo – ha osservato Stramondo – vediamo l’effetto prodotto dal terremoto in superficie, mentre degli algoritmi ci danno la geometria del movimento del piano di faglia in profondità. Certamente – ha aggiunto – la deformazione che vediamo in superficie è inferiore a quella attesa, probabilmente dovuta al fatto che la massima deformazione sul piano di faglia è molto profonda”.
Intanto, cresce il bilancio delle vittime del terremoto: sono almeno 39 i morti, tra cui anche quattro bambini. Finora si registrano 15 morti a Durazzo, 23 a Thumane e uno a Kurbin.
Fonte: ANSA.