MOSCA – Soldati ucraini e miliziani filorussi col kalashnikov che giocano a pallone tra i tank, ciascuno nel proprio campo, anziani che escono di casa per fare la spesa tra le bancarelle all’aperto dopo essere rimasti chiusi per settimane nelle cantine o nei bunker, bambini che corrono nei giardini delle scuole: sono le prime immagini della tregua nell’est ucraino scattata alle 24 di sabato 14 febbraio. Una mezzanotte attesa quasi quanto quella di Capodanno. Una tregua “nell’insieme soddisfacente, malgrado incidenti locali che è necessario risolvere rapidamente”, è il commento di Parigi dopo la conference call in formato Normandia tra Francois Hollande, Angela Merkel, Vladimir Putin e Poroshenko, che si risentiranno anche lunedì.
Finora il cessate il fuoco, primo passo previsto dagli accordi di Minsk-2 negoziati dai quattro leader, ha infatti retto “in generale”, con l’eccezione di un bombardamento a Lugansk e una serie di violazioni sporadiche – con il solito reciproco scambio di accuse – nell’area di Debalstevo, come concordano le versioni di Kiev, ribelli e Osce. Purtroppo due civili sono morti pochi minuti dopo l’inizio della tregua, quando qualcuno continuava ancora a sparare: razzi multipli Grad hanno colpito un’abitazione del villaggio di Popasna, vicino a Lugansk. Ma per la prima volta dopo mesi il bollettino delle vittime si ferma qui.
Resta tuttavia alta la tensione a Debaltsevo, lo strategico hub ferroviario ancora conteso tra Kiev e i separatisti, che hanno accerchiato circa 6000-8000 soldati ucraini. L’esercito regolare ha denunciato di aver subito una decina di attacchi. Del resto il capo dell’autoproclamata repubblica di Donetsk, Oleksandr Zakharcenko, aveva avvisato che le milizie non avrebbero rispettato il cessate il fuoco a Debaltsevo perché “gli accordi di Minsk-2 non dicono una parola” al riguardo. E oggi Eduard Basurin, portavoce del ministero della difesa locale, ha sostenuto che i ribelli hanno il diritto di sparare sulla città di Debaltsevo perché è “territorio nostro”.
E’ questo il primo nodo irrisolto dei lunghi negoziati di Minsk, che rischia di far naufragare la fragile tregua. Il monito di Dmitri Peskov, portavoce di Putin, ad “osservare incondizionatamente” tutte le condizioni degli accordi lascia l’ambiguità su Debaltsevo, una delle questioni di cui hanno discusso i quattro leader del formato Normandia. La speciale missione di monitoraggio dell’Osce ha chiesto alle parti in conflitto di garantire l’accesso ai propri osservatori in tutti i territori del conflitto, compreso Debaltsevo, dove finora i ribelli glielo hanno impedito: si tratta di un altro punto debole degli accordi, ossia la difficoltà degli osservatori di verificare la tregua sul posto. Anche di questo hanno parlato nella conference call Putin, Poroshenko, Merkel e Hollande.
Decisive saranno le prossime 48 ore, per evitare che si ripeta lo scenario delle tregue precedenti, affondate da un crescendo di violazioni: dopodomani è previsto il secondo step, l’inizio del ritiro delle armi pesanti, in una zona lungo il fronte compresa tra i 50 e i 140 km, a seconda del calibro. Entrambe le parti hanno annunciato che stanno preparando i luoghi dove arretrare gli arsenali che hanno fatto stragi di civili.
Intanto in Germania c’è già chi propone, in caso di pace durevole, il Nobel per la pace alla Merkel, grande protagonista della mediazione diplomatica europea. Ma Alexiei Pushkov, presidente della commissione Affari internazionali della Duma, il ramo basso del Parlamento russo, frena: “Non è troppo presto? E non è forse Minsk-2 un successo comune di Merkel, Hollande e Putin?”, ha twittato, dimenticando Poroshenko.