MILANO – I pedofili devono sottoporsi ad una cura dopo aver scontato la pena. E’ quanto ha deciso il Tribunale di Milano con un provvedimento innovativo, ordinando ad un uomo, che ha scontato 4 anni e 4 mesi per violenza sessuale su minori, “di prendere immediato contatto con il Presidio criminologico territoriale” per “concordare un programma di osservazione e di trattamento” terapeutico. Ordine che va ad aggiungersi alla misura della sorveglianza speciale per un anno e ad altre prescrizioni più ‘classiche’, come quella di non aver contatti con minorenni se non alla presenza di terze persone.
In particolare i giudici sottolineano anche come l’uomo abbia dato il suo “consenso ad essere preso in carico da un nucleo di operatori specializzati nel trattamento degli autori di reati a sfondo sessuale”. E ciò ha permesso agli stessi giudici di superare “l’eventuale problematica relativa alla applicabilità di ingiunzioni a sfondo terapeutico” che potrebbe contrastare con il principio costituzionale (articolo 32) secondo il quale “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario”.
La Procura aveva chiesto per l’uomo, 41 anni, l’applicazione della misura della sorveglianza speciale con l’obbligo di soggiorno o residenza nel Comune di dimora per due anni. I giudici, però, hanno bocciato la richiesta dell’obbligo di soggiorno, ritenendolo “inutilmente restrittivo sul piano della libertà individuale”, e hanno aggiunto alla sorveglianza speciale per un anno alcune prescrizioni: l’obbligo di indicare la propria dimora alle forze dell’ordine e di non allontanarsi senza preavviso, quello di cercare un lavoro, di non rincasare dopo certi orari, di non detenere armi, di non frequentare sale giochi o discoteche abitualmente e di non avere contatti con minorenni “in assenza di terzi”. Tutte prescrizioni ‘tradizionali’ in questo genere di casi alle quali, però, il collegio ha aggiunto la “ingiunzione” specifica di curarsi.
Davanti agli stessi giudici in udienza, tra l’altro, l’uomo ha detto di “non sentire più quelle pulsioni evidenziate in carcere” e ciò anche “in presenza di una intervenuta interruzione del programma intrapreso all’interno del carcere di Bollate a seguito dell’intervenuta scarcerazione”. Ed ha anche “manifestato la volontà di volere recarsi da uno psicologo e la disponibilità ad essere sottoposto ad un trattamento di osservazione eventualmente disposto dal Tribunale come ingiunzione terapeutica”.