Afghanistan. Kabul commemora Pietro Colazzo, la salma rientra in Italia

Pubblicato il 28 Febbraio 2010 - 08:40 OLTRE 6 MESI FA

A Kabul, sotto una pioggia battente, si è celebrata domenica 28 febbraio la breve cerimonia funebre di saluto per l’agente segreto italiano Pietro Antonio Colazzo e il regista francese Severin Blanchet, uccisi nell’attacco terroristico del 26 febbraio.

Le bare sono state poi caricate su un C-130 italiano che, secondo le previsioni, dovrebbe giungere a Ciampino lunedì 1 marzo, alle 8.30. Ad officiare la breve cerimonia – la benedizione e una preghiera – è stato il padre Barnabita Giuseppe Moretti, responsabile per conto della Santa Sede della «missio sui iuris» afghana.

In un hangar dell’aeroporto, vicino alla pista, si sono riuniti gli amici e i colleghi di Colazzo (presente anche l’incaricato d’affari dell’ambasciata italiana, Samuela Isopi) e diversi connazionali del regista francese. Pietro Antonio Colazzo, 47 anni, di Galatina (Lecce) era il «numero due» del servizio segreto italiano per l’estero a Kabul. Separato, senza figli, la sua era una vita sotto copertura: era accreditato come «consigliere diplomatico».

Al termine della preghiera un picchetto militare ha reso gli onori, mentre le bare – avvolte nelle rispettive bandiere – sono state portate fuori a spalla. A sorreggere quella italiana militari dell’Esercito, dell’Aeronautica, dell’Arma dei carabinieri e i finanzieri che partecipano alla missione europea. I feretri sono stati quindi sistemati in due blindati francesi, che li hanno condotti fino al C-130: dietro, sempre sotto la pioggia battente, un corteo di diverse decine di persone.

La camera ardente sarà allestita presso l’ospedale militare del Celio a Roma dalle 15 alle 18. Il feretro raggiungerà quindi Galatina, città di origine di Colazzo, dove la cerimonia per l’estremo saluto avrà luogo martedì, in Duomo, con inizio alle 15.

Intanto a Kabul, tra gli amici e i colleghi di Pietro Antonio Colazzo, circola una lettera semplice e commovente scritta in inglese da un amico dello 007. «Qui tutti siamo distrutti; è incredibile pensare che non è più con noi», scrive l’agente. «Piero era una persona eccellente, così cordiale, discreto, intelligente e, soprattutto, umanissimo. È morto in circostanze odiose, la bomba è stata di una violenza terrificante. Ferito, ha chiamato al telefono il comandante della polizia e l’ambasciata. È chiaramente riuscito ad aiutare gli altri italiani che stavano nello stesso albergo a salvarsi, prima di essere ucciso a colpi di fucile o da una granata».

Poi un ricordo personale: «Io e lui eravamo abituati a scambiare qualche parola ogni giorno, talvolta fumando una sigaretta. Lui era colto, aveva viaggiato. La notte prima di morire aveva appena cominciato a insegnarmi i fondamentali del dari. Era l’altroieri notte».