ROMA – In carica da ministro c’è stato appena 17 giorni, poi Aldo Brancher si è dimesso e alla fine per lui è arrivata anche la sentenza della Cassazione: condanna a due anni, per appropriazione indebita nell’ambito della scalata alla banca Antonveneta, un filone dell’inchiesta in cui è coinvolto il banchiere Gianpiero Fiorani. La polemica era scattata perché Brancher aveva inizialmente esibito il legittimo impedimento.
La Corte quindi ha respinto il ricorso dell’ex ministro contro la sentenza di appello che lo condannava per ricettazione. Ma c’è di più perché la Cassazione ha fatto prima della prescrizione che scattava proprio il 5 agosto, ovvero appena 24 ore dopo: come fa notare Marco Lillo sul Fatto quotidiano infatti la sentenza del 4 agosto “non sarà eseguita perché i fatti ricadono nell’indulto dell’ex ministro Mastella ma rappresenta comunque una vittoria della giustizia sulla furbizia e il privilegio di Casta”.
Ancora poche ore e per Brancher ci sarebbe stato il paracadute “prescrizione” se i giudici non avessero fatto tutto nei tempi precisi. Rispettare i termini della giustizia quindi si può, come ha fatto la Corte presieduta da Antonio Esposito.
Scrive il Fatto: “Non era la prima volta che l’ex sacerdote, poi divenuto manager Fininvest e dal 1999 politico di Forza Italia e poi del Pdl, tentava la carta della prescrizione per svignarsela da un processo difficile. Il 18 Giugno 1993 era stato arrestato dal pool di Milano quando era assistente di Fedele Confalonieri ed era accusato di avere dato 300 milioni di lire al Psi e 300 a Giovanni Marone, segretario dell’ex ministro della Sanità Francesco De Lorenzo, in cambio di spot sulle reti Fininvest per la campagna ministeriale anti-aids. Brancher fu soprannominato il compagno G del gruppo Berlusconi, perché rimase tre mesi a San Vittore senza aprire bocca. Fu condannato in appello per falso in bilancio e finanziamento illecito ai partiti. Ma quella volta la Cassazione dichiarò la prescrizione per i soldi ai partiti mentre il falso in bilancio era stato depenalizzato dal Governo Berlusconi”.
Ecco poi come sarebbero andate le cose secondo il Fatto: “Il fatto è che Brancher, che durante l’appello aveva sempre ricevuto le carte presso il suo avvocato, dopo la condanna aveva trasferito il suo domicilio in Umbria e per l’esattezza in una località del comune di Città della Pieve. Quando il postino ha tentato d notificargli gli atti non lo ha trovato e la raccomandata è tornata indietro con la dicitura irreperibile”.
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