Aldo Costantini è morto, la storia del carabiniere-partigiano durante la Seconda guerra mondiale

E’ morto a 97 anni il partigiano carabiniere Aldo Costantini, nome di battaglia Totò, nato nel 1924 a Burano. La sua drammatica e avvincente storia è stata raccontata anche dal giornalista Gad Lerner nel sito “Noi partigiani” e ricordata dall’Anpi di Venezia.

La storia di Aldo Costantini, il partigiano-carabiniere

Costantini, racconta il Corriere del Veneto, nell’estate del 1943 prestava servizio militare come carabiniere alla caserma Cernaia di Torino. Nel capoluogo piemontese vide la guerra, vide Torino in fiamme quando il 13 luglio fu bombardata, e dopo l’8 settembre, con l’armistizio, decise di rimanere in servizio “perché i carabinieri avevano giurato fedeltà al Regno d’Italia, e il popolo aveva bisogno di loro”.

Durante una ricognizione in Val di Lanzo pochi mesi dopo, dove alcuni partigiani avevano appena attaccato una caserma, Aldo e il suo plotone incontrarono un gruppo di ribelli. Ai carabinieri venne subito chiesto di consegnare armi e documenti, ma i militari non reagirono. “Stabilimmo fin da subito che non avremmo sparato – raccontò Aldo Costantini a Gad Lerner -. E sapete perché? Perché i carabinieri non sparano sui partigiani, non esisteva. Tra i ribelli c’erano militari sbandati dopo la resa, cittadini come noi, non potevamo considerarli dei nemici”.

I partigiani riuscirono a scappare ma poco dopo arrivarono le camicie nere che arrestarono subito tutti i carabinieri presenti, con la peggiore delle accuse, quella di essere dei traditori della patria. Furono puniti con 20 anni di carcere e furono tutti trasferiti nel carcere militare di via Ormea a Torino. Dove rimasero fino al 19 settembre del ’44, quando il Comitato di liberazione nazionale, organizzò la loro fuga.

La fuga dal carcere

“Ormai in carcere eravamo rassegnati al nostro destino – spiega Aldo -, ma non eravamo pentiti. Non avremmo comunque sparato sui nostri cittadini. La scelta di diventare poi partigiano è arrivata un po’ per caso, mentre fuggivo alle quattro di notte dal carcere con una pistola in mano”. Appena misero piede fuori dal carcere, alcuni dei carabinieri arrestati si diressero subito verso Superga, dove incontrarono una donna, che li portò nel Monferrato. Qui Aldo si unì a “I ragazzi della Barca”, un gruppo di giovani ribelli che proveniva dal quartiere omonimo di Torino.

“Così mi sono ritrovato partigiano dal giorno alla notte, per loro facevo la staffetta e avvisavo la popolazione locale quando c’erano dei rastrellamenti. La mia non fu una scelta politica, ma mi salvò la vita. Come tanti altri puntavo a salvarmi la pelle e a liberare l’Italia il prima possibile. Volevamo che la guerra finisse in fretta”.

Da carabiniere a fruttivendolo

Finita la guerra Aldo continuò fare il carabiniere per i due anni successivi tra Padova e la Sicilia, fino a quando scelse di congedarsi e di tornare a casa a Murano, dove ricominciò un’altra vita. Divenne un operaio vetraio, fino a quando per problemi di salute dovette smettere, e ancora una volta cambiò strada e si trasformò in un fruttivendolo, aprendo un piccolo negozio in proprio.

Gestione cookie