ROMA – Aldo Moro era al corrente che qualcosa si stava preparando contro di lui. Appena 12 ore prima della strage della scorta in Via Fani e del suo rapimento chiese, durante una riunione riservatissima nel suo studio, “un servizio di vigilanza a tutela dell’ufficio di via Savoia”. Il giorno dopo, stranamente, non avrebbe portato con sé il nipotino come al solito.
Temeva per sé, per la sua vita, non per le sue carte. La rivelazione, fra le altre, giunge dalla Commissione parlamentare d’inchiesta che cerca di far luce sul delitto politico che più ha influito sulle sorti della politica nazionale italiana.
Su La Stampa, Fabio Martini dà conto delle recenti acquisizioni di un lavoro, quello parlamentare, che quasi al “ralenti” cerca di illuminare ogni singola zona d’ombra dell’intricata vicenda. A partire appunto dalle mancate o trascurate avvisaglie – si ritiene – che avrebbero dovuto mettere sull’avviso intelligence e forze dell’ordine per salvare la vita ad Aldo Moro.
In verità Aldo Moro fu avvertito 25 giorni prima da un agente dei servizi in Libano: Stefano Giovannone, questo il suo nome, era l’uomo di Moro a Beirut e gli riferì, tramite i suoi contatti con il Fronte di liberazione della Palestina Habbash, che “Organizzazioni terroristiche europee” si sono riunite per pianificare “una operazione terroristica di notevole portata che potrebbe coinvolgere” l’Italia. Manca finora, l’anello di congiunzione causale con il sequestro.
La Commissione ha rinvenuto negli archivi della Polizia una relazione di Domenico Spinella, dirigente della Digos, nella quale si dà conto di un incontro riservatissimo svoltosi nello studio di Aldo Moro la sera del 15 marzo 1978 (mancano 12 ore all’azione brigatista) e in quella occasione il presidente della Dc fece sapere di ritenere urgente l’attivazione di «un servizio di vigilanza a tutela dell’ufficio di via Savoia». Ma la relazione del dottor Spinella al Questore – ecco un altro punto oscuro – è datata 22 febbraio 1979, ben undici mesi dopo l’attentato e oggi se ne capisce la ragione: è stata scritta d’urgenza, dopo un articolo uscito quel giorno sul “Secolo XIX” e relativo ad un generico timore di Moro per un attentato.
Sostiene il presidente della Commissione Fioroni: «Trentasette anni dopo abbiamo scoperto questa relazione “post-datata”, dalla quale apprendiamo con certezza che Moro, poche ore prima di essere colpito, aveva chiesto tutela. Nella relazione è scritto che non avrebbe chiesto aiuto per sé e per la sua scorta ma per il suo ufficio. Ma oramai sappiamo che Moro era preoccupato per sé e non per le sue carte. Come confermato da altri dati: per esempio abbiamo appreso che in quei giorni il maresciallo Leonardi chiese improvvisamente più caricatori e altri particolari emergeranno prossimamente». (Fabio Martini, La Stampa).