Nuove Br restano in cella e invocano le armi: “Rivoluzione, è il momento buono”.

Pubblicato il 15 Maggio 2012 - 11:42 OLTRE 6 MESI FA

MILANO – Coloro che sono considerati i nuovi terroristi pensano che sia il momento giusto per fare la rivoluzione in Italia e invocano anche le armi

I sette imputati detenuti nell’ambito del processo milanese alle cosiddette Nuove Br restano in carcere. Lo hanno deciso i giudici della seconda corte d’assise d’appello di Milano che hanno respinto le istanze di scarcerazione delle difese, le quali hanno invocato la decadenza dei termini di custodia cautelare perché a loro dire, ”la detenzione non ha più senso” dato che la Cassazione ha annullato nelle scorse settimane le condanne. Restano in carcere dunque sette dei 12 imputati.

Si tratta di Claudio Latino e Davide Bortolato, condannati a 14 anni e 7 mesi in appello, Vincenzo Sisi (13 anni e 5 mesi), Alfredo Davanzo (11 anni e 4 mesi) Bruno Ghirardi (10 anni e 10 mesi) Massimilano Toschi (10 anni e 8 mesi) e Massimilano Gaeta (8 anni). Vennero arrestati nel 2007 in seguito all’operazione ‘Tramonto’ coordinata dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini, che ‘smantello” l’organizzazione che, secondo l’accusa, si sarebbe rifatta alla cosiddetta ‘seconda posizione’ delle Br e che stava preparando attentati. Le difese, e in particolare l’avvocato Giuseppe Pelazza, avevano sostenuto che gli imputati dovevano essere scarcerati perche’ con l’annullamento delle condanne da parte della Cassazione dello scorso febbraio ”la sentenza di grado d’appello non esiste piu’ e men che meno le motivazioni giuridiche della detenzione”, che per gli avvocati, tra l’altro, ”ha cosi’ superato i 3 anni di custodia massima prevista, arrivando a 5 anni”.

I termini di custodia cautelare scadranno per alcuni degli imputati a partire dal 13 giugno, ma per quella data sara’ con tutta probabilità già arrivata la sentenza della seconda Corte d’Assise d’appello (presidente Anna Conforti, giudice a latere Fabio Tucci). ”Non deve essere pero’ un problema della Corte quello di accelerare il processo per evitare la decorrenza”, hanno fatto presente le difese. E l’avvocato Sandro Clementi ai cronisti ha spiegato che ”per la Cassazione i precedenti giudici d’appello non sono riusciti a motivare il perché della ipotizzata violenza terroristica”.

RIVOLUZIONE Alfredo Davanzo, uno degli imputati del processo milanese alle Nuove Br, ha risposto dalla gabbia ad un cronista che gli chiedeva cosa pensasse di quello che sta accadendo in questi giorni, con riferimento anche alla gambizzazione di Roberto Adinolfi. ”Viva la rivoluzione, avanti la rivoluzione, questo è il momento buono”.

Davanzo, ritenuto il presunto ideologo delle Nuove Br del Partito Comunista Politico-Militare, è uno dei dodici imputati nel processo milanese d’appello ‘bis’ (la Cassazione ha infatti recentemente annullato le condanne disponendo un nuovo appello) ed è stato condannato nel precedente giudizio di secondo grado a 11 anni e 4 mesi.

In una pausa dell’udienza, alcuni cronisti si sono avvicinati alla gabbia e hanno chiesto ai presunti appartenenti alle Nuove Br: ”Cosa pensate di quello che sta accadendo nel Paese, del ferimento di Adinolfi?”. Davanzo ha risposto: ”Viva la rivoluzione, questo è il momento buono per la rivoluzione”.

INVOCATE LE ARMI ”Solo con le armi si sovvertono i poteri, parlo come operaio comunista che ha preso le armi”, ha detto ancora Vincenzo Sisi, uno degli imputati delle cosiddette Nuove Br, facendo dichiarazioni spontanee in aula. ”Noi rinunciamo alla difesa”, ha aggiunto spiegando la revoca del mandato difensivo come ‘gesto politico’.

Vincenzo Sisi, il presunto capo della cellula torinese condannato a 13 anni e 5 mesi nell’appello poi annullato dalla Cassazione, ha detto ”Io parlo come operaio comunista che ha preso le armi – ha affermato – solo con le armi si sovvertono i poteri e noi rinunciamo alla difesa e revochiamo il mandato”. Un altro degli imputati, invece, ha spiegato che il Partito Comunista Politico-Militare ”si pone dentro questo processo solo con i documenti politici”, e proprio uno di questi documenti e’ stato consegnato dagli imputati, attraverso i difensori, ai giudici.

Claudio Latino, invece, presunto leader della cellula milanese, ha affermato che ”noi non amiamo la violenza e non crediamo al mito della violenza, ma diventa inevitabile”, perché, come hanno sostenuto gli imputati, ”l’unica via e’ quella rivoluzionaria”. Le parole dei presunti brigatisti sono state ‘salutate’ con molti applausi da parte di amici, parenti e altri giovani presenti nella parte dell’aula destinata al pubblico. I giovani hanno esposto anche magliette con su scritto ‘solidarietà”.