GENOVA – I tre sospetti terroristi libici arrestati al porto di Genova domenica 3 gennaio sono stati traditi da una telefonata ad un integralista islamico. L’uomo vive nella provincia di Genova e la chiamata è stata intercettata dalla polizia. Se i tre erano stati fermati nell’ambito di una inchiesta su un traffico di auto sospette, ora prende piede l’ipotesi che si tratti di un sostegno a cellule di fondamentalisti islamici in Italia.
Tommaso Fregatti e Matteo Indice sul Secolo XIX scrivono che in un primo momento la Digos si era concentrata solo sull’uomo raggiunto dalla telefonata:
“Ricordando come la Digos, che ha dato il la all’intervento sulle banchine poi concluso con i colleghi della polizia di frontiera, si fosse concentrata inizialmente soltanto sul primo personaggio e non per questioni di macchine. Di Alkourbo erano stati infatti monitorati i contatti con una figura ritenuta «di grande interesse», che in città o comunque in Liguria starebbe consolidando una rete di fanatici. Perciò, dopo l’ascolto di alcune conversazioni, hanno deciso di attendere che sbarcasse cinque giorni fa dal traghetto “Excellent” in arrivo da Tunisi.
Contrariamente a quanto si aspettassero, Alkourbo non è sceso a bordo d’una Mercedes, ma su una Hyundai bianca con targa libica, seguita da altre due macchine identiche sulle quali si trovavano altrettanti cittadini libici. Perquisendo tutti i mezzi sono state scoperte le foto dell’Isis sui telefonini e altri documenti anomali. E per il terzetto è scattato un primo fermo con l’accusa di riciclaggio aggravato dalla finalità terroristica, mentre ieri il giudice dell’indagine preliminare Cinzia Perroni ha rimarcato come sia necessario approfondire il coinvolgimento in un «contesto terroristico».
In rubrica il numero di Abdel
Indagine comunque circoscritta? Assolutamente no, e negli ultimi giorni sono stati fissati altri paletti che spingono la Digos a non mollare la presa”.