FIRENZE – Amanda Knox ha scritto una email ai giudici della corte d’appello di Firenze. Ovvero i giudici che decideranno, nel processo bis, se è l’assassina o meno di Meredith Kercher. Il procuratore ha già chiesto la condanna sua e di Raffaele Sollecito, ma mentre l’ingegnere pugliese si è presentato in aula, la ragazza americana scrive dagli Stati Uniti.
”Non sono presente in aula perché ho paura. Ho paura che la veemenza dell’accusa vi impressionerà, che il loro fumo negli occhi vi accecherà”. Parlando delle accuse Amanda le definisce un ”abuso ingiusto e maligno”.
“Meredith era la mia amica. Lei mi era simpatica, mi aiutava, era generosa e divertente. Non mi ha mai criticata. Non mi ha mai dato neppure un’occhiataccia. L’accusa – continua Amanda – afferma che una rottura era avvenuta fra me e Meredith per la pulizia. Questa affermazione è una deformazione dei fatti. Nel periodo breve che Meredith e io eravamo coinquiline e amiche non abbiamo mai litigato”.
“Nessuno ha mai visto o sentito dire che Meredith e io avevamo mai litigato, disputato, discusso. Nessuno ha mai detto che Meredith fosse una maniaca antagonistica della pulizia o che io fossi una maniaca antagonistica dello sporco. L’accusa vi farebbe credere che questo è il motivo dell’omicidio. Ma questa è una deformazione inquietante dei fatti”.
“Dobbiamo riconoscere che una persona possa essere portata a confessare falsamente perché torturata psicologicamente“, scrive riferendosi alla calunnia nei confronti di Patrick Lumumba. Amanda racconta anche di quando la portarono in questura:
“Mi hanno mentito, urlato, minacciata, dato due scappellotti sulla testa. Mi hanno detto che non avrei mai più visto la mia famiglia se non avessi ricordato cos’era successo a Meredith quella notte”.
“Il mio comportamento dopo la scoperta dell’omicidio indica la mia innocenza. Mai avrei pensato o immaginato che avrebbero usato la mia ingenua spontaneità per supportare i loro sospetti. Non ho nascosto i miei sentimenti: quando avevo bisogno di conforto Raffaele mi abbracciava, quando ero arrabbiata bestemmiavo e facevo osservazioni insensibili”.
“Non ho mai dimostrato un comportamento antisociale, aggressivo, violento o psicopatico. Non sono tossicodipendente o ossessionata di sesso. Quando sono stata arrestata mi hanno analizzata per droga e sono risultata negativa”.
Accusa e parti civili “vogliono che pensiate che io sia un mostro perché è facile condannare un mostro”. Amanda, riferendosi al coltello che avrebbe usato per l’omicidio parla di “prova inventata” e definisce quelli dell’accusa “argomenti teatrali” e “indizi sconclusionati e inattendibili” e anche “inquietante e inaccettabile deformazione dei fatti”.
“L’accusa e le parti civili – aggiunge – stanno commettendo delle ingiustizie contro di me perché non riescono ad ammettere, anche a se stessi, che hanno sbagliato terribilmente. Non ho ucciso. Non ho stuprato. Non ho tramato. Non ho istigato. Non c’ero e non avevo niente a che fare. Sono innocente – conclude Amanda – Raffaele è innocente. Meredith e la sua famiglia meritano la verità. Vi prego di porre fine a questa enorme ed estenuante ingiustizia”.
La mail che Amanda Knox ha inviato alla Corte d’assise d’appello di Firenze ”è irrituale. Chi vuol parlare nei processi viene nei processi”, ha detto il presidente della Corte d’assise Alessandro Nencini prima di leggere la mail inviata da Amanda Knox. ”Non sono dichiarazioni spontanee”, ha precisato Nencini parlando con i difensori della Knox. Il presidente della Corte ha anche sottolineato che sono i difensori ad attribuire ad Amanda la paternità del testo: ”Io non l’ho mai vista, non la conosco”.
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