Rendite catastali 3,7 volte sotto il valore di mercato. Ferme dall’89

ROMA – Il rapporto tra valore di mercato (stimato) degli immobili e valore imponibile e’ di 3,7 volte. Un divario enorme che potrebbe essere colmato con la revisione delle rendite catastali che sono piu’ o meno ferme da oltre vent’anni, dal 1989. Piu’ o meno perche’ nel 1996 c’e’ stato un adeguamento del 5%. Sono i dati forniti recentemente dall’Agenzia del Territorio che, solo qualche settimana fa, ha fotografato la necessita’ di una revisione del sistema catastale italiano.

Per le abitazioni il valore corrente di mercato – ha spiegato l’Agenzia – e’ pari, in media, a 3,73 volte la base imponibile a fini Ici calcolata sul totale delle abitazioni di proprieta’ delle persone fisiche; il medesimo rapporto, calcolato per i soli contribuenti Irpef, oscilla tra il 3,59 delle abitazioni principali e il 3,85 delle altre abitazioni. I canoni di locazione, invece, sono mediamente superiori di 6,46 volte le rendite catastali.

Una delle ragioni delle discrasie evidenziate – spiega invece il ministero dell’Economia nel documento che preannuncia l’arrivo della riforma – e’ riconducibile alla circostanza che le rendite catastali sono state rivalutate nel 1990 con riferimento al biennio 1988-1989. L’inadeguatezza del sistema dipende dal fatto strutturale che il sistema a categorie e classi e’ fermo al periodo di ”costruzione” del catasto urbano. La denominazione e la classificazione delle unita’ immobiliari non e’ piu’ adeguata ai tempi. Inoltre, il classamento, ovvero l’operazione di classificare in una categoria ed in una classe di valore un bene immobile ordinario, e’ rimasto quello iniziale delineato dall’originario impianto normativo del catasto e gli unici aggiornamenti sono riconducibili a comunicazioni effettuate dai soggetti interessati, in occasione di attivita’ di ristrutturazioni e variazioni edilizie. Questo stato di fatto ha determinato ulteriori iniquita’ all’interno dei singoli comuni.

La normativa vigente prevedeva una revisione delle rendite ogni dieci anni ma questo non e’ mai stato messo in atto. Alcuni Comuni, attraverso il riclassamento delle micro-zone hanno parzialmente messo mano al settore, riclassificando per esempio quelli che una volta erano magazzini o case popolari in immobili con piu’ alto valore di mercato. Per una revisione generale, che sarebbe piu’ equa rispetto all’aumento secco della rivalutazione effettuato dal governo aumentando del 60% il coefficiente di moltiplicazione per gli estimi catastali degli immobili, occorrerebbe proprio superare l’attuale meccanismo di classi e categorie, non piu’ adeguato rispetto al patrimonio immobiliare cosi’ com’e’ oggi.

Gli immobili a destinazione ordinaria sono attualmente ripartiti in tre gruppi A, B, C.

1) Immobili di unita’ ad uso residenziale categoria A:
A1 Abitazione di tipo signorile;
A2 Abitazione di tipo civile;
A3 Abitazione di tipo economico;
A4 Abitazione di tipo popolare;
A5 Abitazione di tipo ultrapopolare;
A6 Abitazione di tipo rurale (da non confondere con i fabbricati rurali);
A7 Abitazione in villini;
A8 Abitazione in ville;
A9 Abitazione in palazzi di eminenti pregi artistici o in castelli;
A10 Uffici e studi privati;
A11 Abitazioni ed alloggi tipici di determinati luoghi (trulli, baite, rifugi di montagna, baracche di legno).

2) Immobili per usi collettivi di categoria B:
B1 Collegi e convitti, educandati, ricoveri, orfanotrofi, ospizi, conventi, caserme, seminari;
B2 Case di cura ed ospedali;
B3 Prigionie riformatori;
B4 Uffici pubblici;
B5 Scuole e laboratori scientifici;
B6 Biblioteche, pinacoteche, musei, accademie, gallerie che non hanno sede in edifici eminenti pregi artistici o in castelli
B7 Cappelle ed oratori non destinati all’esercizio pubblico di culti;
B8 Magazzini sotterranei per depositi di derrate.

3) Immobili di categoria C: Immobili a destinazione ordinaria e commerciale non comprese nei precedenti gruppi elencati
C1 Negozi e botteghe;
C2 Magazzini e locali di deposito;
C3 Laboratori per arti e mestieri;
C4 Fabbricati e locali per esercizi sportivi;
C5 Stabilimenti balneari e di acque curative;
C6 Stalle, scuderie, rimesse, autorimesse;
C7 Tettoie chiuse o aperte.

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