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Arrestato di nuovo per le rom arse vive nel camper, liberato dal Gip di Torino, solo 20 giorni per la cinese scippata

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Arrestato di nuovo per le rom arse vive nel camper, liberato dal Gip di Torino, solo 20 giorni per la cinese scippata

ROMA – Arrestato per avere provocato un incendio che ha bruciato vive tre giovani ragazze nomadi, Angelica, Francesca ed Elisabeth Halilovic, di 4, 8 e 20 anni, mentre dormivano in un camper a Roma, Serif Seferovic era stato già fermato in giugno, ma il Gip di Torino, dove si era rifugiato, lo aveva rimesso in libertà. Sei mesi prima, nel dicembre del 2016 aveva scippato una giovane cinese che inseguendolo era finita sotto il treno. Anche quella volta gli era andata bene con il sistema giudiziario italiano. Gli avevano dato 2 anni ma dopo solo venti giorni in carcere era uscito.  Non aveva precedenti e l’avvocato Gianluca Nicolini era riuscito a fargli ottenere i domiciliari. Dopo altri quaranta giorni trascorsi nel camper di famiglia, ai primi di aprile, Seferovic era tornato in libertà. Aveva chiesto scusa fra le lacrime alla famiglia Zhang convincendo tutti sul suo pentimento.

In giugno 2017, dopo il fermo a Torino ad opera della squadra mobile di Torino e di Roma, il Gip di Torino aveva stabilito che mancano gravi indizi di colpevolezza che giustificassero la detenzione in carcere.

Questa volta l’arresto di Serif Seferovic e del fratello Andrea, rispettivamente di 20 e 18 anni,  è stato deciso dalla Procura della Repubblica e dal Tribunale di Roma. Serif Seferovic è accusato di omicidio plurimo delle sorelle, tentato omicidio plurimo, detenzione, porto ed utilizzo d’arma da guerra e incendio doloso. L’altro di incendio doloso. I due sono stati arrestati a Torino. Serif è stato bloccato in un mercato dell’usato dove aveva allestito un banco, Andrea mentre dormiva all’interno del suo furgone a Moncalieri, alla periferia di Torino. L’ordinanza di arresto riguarda anche altri due parenti degli arrestati, un maggiorenne e un minorenne, che però sono sfuggiti alla cattura. Forse sono rifugiati in un campo nomadi nella ex jugoslavia.

Il nuovo ordine di arresto è frutto della tenacia della Squadra mobile di Roma. Tre mesi dopo la decisione del giudice torinese, la Polizia ha portato ulteriori elementi e il Gip di Roma ha autorizzato l’arresto.

Gli inquirenti sono sicuri che sia Serif Seferovic l’uomo ripreso dalle telecamere di videosorveglianza quella notte mentre lancia la bottiglia incendiaria contro il camper in cui dormiva la famiglia Halilovic. A rafforzare la tesi ci sarebbero anche alcune testimonianze. Il 20enne avrebbe inoltre un furgone Fiat Ducato bianco identico a quello presente sulla scena del delitto.

Serif Seferovic è anche accusato di avere provocato un altro incendio, precedente a quello che ha portato alla morte delle sorelline. Nei giorni precedenti avrebbe dato fuoco al camper della nonna delle sorelline dove non rimase ferito nessuno. Il fratello Andrea sarebbe accusato di incendio doloso per questo secondo episodio.

All’origine della tragica serie, secondo la Polizia, sono i dissidi, per motivi di soldi, fra le due famiglie rom, Seferovic e Halilovic, maturati nel campo nomadi di Centocelle, periferia di Roma. In particolare lo scontro era in atto fra il padre delle tre  e alcuni dei Seferovic. C’erano stati ripetuti litigi e danneggiamenti.

Il 5 maggio, l’antefatto.  I fratelli Serif e Andrea Seferovic avrebbero lanciato due ordigni incendiari contro il camper della nonna delle vittime, che venne distrutto completamente. Il 10 maggio poi, dopo una serie di ulteriori episodi di tensione tra le due famiglie, Serif Seferovic, con altri due complici, a bordo di da lui guidato, è andato nella strada dove era parcheggiato il camper delle bambine e lo ha incendiato. Queste sono le risultante delle indagini e dei riscontri della Mobile.

Subito dopo il tragico incendio del camper i Seferovic si sono rifugiati in Bosnia. Pensando che si fossero calmate le acque, i fratelli Serif e Andrea sono tornati in Italia, a Torino. Qui sono stati arrestati. Questa volta però l’ordine di arresto era firmato dal Tribunale di Roma.

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