NEW YORK – Campeggia sulle copertine dei giornali e affolla le homepage dei siti internet statunitensi la storia di Ashley Olsen, la ragazza americana di 35 anni trovata morta nel suo appartamento a Firenze, la cui drammatica fine ha tenuto con il fiato sospeso gli Usa negli ultimi giorni. L’America piange la giovane di Summer Haven, in Florida, e gli amici la ricordano come una ragazza “piena di vita”.
“Non c’è mai stata una persona che ha incontrato Ashley e che non l’amasse. Aveva una personalità fantastica”, ha rivelato ad una tv locale affiliata della Cnn Staci Kelly. “Amava viaggiare – ha aggiunto – E non é mai stata in un posto troppo a lungo”.
Subito dopo la notizia della sua morte è iniziata la mobilitazione online di commentatori e semplici cittadini che insistevano sulla necessità di far luce fin da subito sulla morte della 35enne, senza incorrere nello stillicidio del processo di Amanda Knox, su cui l’America si è dapprima divisa tra innocentisti e colpevolisti, poi si è unita contro le lungaggini della giustizia italiana.
La storia della giovane, infatti, ricordava in maniera drammaticamente forte la vicenda di Amanda e Meredith Kercher, e sin da subito gli amici hanno espresso con i media Usa il timore che l’indagine sulla morte di Ashley si potesse trasformare in una saga mediatica e legale come quella che ha coinvolto la studentessa di Seattle.
Gli elementi che portavano verso un parallelismo – affermano gli osservatori Usa – erano la morte di una persona di giovane età trasferitasi in Italia per passione, il presunto gioco erotico finito male, il (sempre presunto) consumo di droghe dopo una serata in discoteca.
E poi il principale sospettato di origine africana, e il tutto consumato anche questa volta in una città d’arte e di studi come Firenze, che a migliaia di chilometri di distanza ricorda un po’ la Perugia di Meredith e Amanda. Stavolta, però, l’assassino ha già un nome e un cognome: si chiama Tidiane Cheik Diaw, è un senegalese irregolare di 27 anni da poco a Firenze, e ha confessato la sua responsabilità.
L’uomo – si racconta sui siti Usa – ha detto di non aver avuto l’intenzione di ucciderla, di averla incontrata in un locale e di essere andato in casa con lei. I due – ha raccontato – hanno avuto un rapporto sessuale ma poi hanno litigato, lui l’ha spinta e lei ha battuto la testa. Secondo la procura invece l’uomo l’avrebbe colpita alla testa o gliela avrebbe fatta sbattere su una superficie, strangolandola poi con un laccio o una catenina. I genitori di Ashley, per ora, “non hanno voluto conoscere i dettagli della vicenda”. Secondo quanto dichiarato dal loro legale “hanno aspettato molto per vedere la figlia, sono affranti e non se la sentono di parlare”.