X

Otto anni dopo l’omicidio di Ausonio Coli, “un eroe dimenticato”

di Alessandro Avico |9 Marzo 2012 0:30

FIRENZE – L’8 marzo del 2004 l’imprenditore Ausonio Coli fu ucciso. Aveva 47 anni, sposato con Silvana. Due figlie: Angela, che all’epoca dell’omicidio aveva venti anni, ed Emma, quasi sei. Viveva a Porto Ercole e lavorava a Grosseto come dottore commercialista. La sua attività professionale è fatta di perizie per il Tribunale, incarichi di curatore fallimentare, di revisore contabile per alcuni comuni della Maremma. “Gli ostacoli lo hanno sempre stimolato – spiega la moglie – e forse gli piaceva anche dimostrare che non si possono aggirare, atteggiamento che lo mandava su tutte le furie”.

L’8 marzo del 2004, alle 13.30, Ausonio Coli è nel suo studio di Grosseto quando tre colpi di pistola lo uccidono. Stava svolgendo l’incarico di curatore fallimentare di una società che commerciava veicoli. Il fallimento era stato dichiarato più di un anno dopo la morte del socio accomandatario: con ciò il patrimonio personale di costui era inaccessibile alla massa dei creditori sociali. Il dottor Coli, interpretando con intelligenza e rigore il proprio mandato, era però riuscito ad ottenere una sentenza che estendeva il fallimento anche al figlio del socio accomandatario, poiché questi aveva di fatto svolto il ruolo di amministratore della società: l’estensione non solo assicurava alla massa dei creditori sociali il patrimonio personale dell’uomo, ma rendeva pure aggredibile l’eredità giacente del socio defunto.

A sparare è stato proprio il destinatario della sentenza di estensione del fallimento, poche ore dopo aver ricevuto la notifica della stessa, mosso dal risentimento nei confronti del professionista che ai suoi occhi in quel momento incarna, per usare le parole della Corte d’Assise d’Appello di Firenze. Si tratta di Francesco Innocenti che nel 2006 si vide rigettare dal Tribunale grossetano la richiesta di sconto di tre anni sull’ergastolo.

Innocenti fu arrestato poche ore dopo avere commesso il delitto, quando gli agenti della squadra mobile trovarono nella cassaforte della sua abitazione di Arcidosso la Smith&Wesson che poi è risultata essere l’arma del delitto. Innocenti è stato condannato, dopo un processo durato più di due anni davanti alla Corte di Assise, all’ergastolo.

A 8 anni di distanza Umberto Ambrosoli per il Corriere della Sera, ricorda Ausonio Coli, quello che lui stesso definisce un “eroe dimenticato”.

La storia di questo professionista non è famosa: forse perché ambientata nella tranquillizzante normalità di una piccola provincia, o in quanto lontana da scenari di grandi poteri e loschi intrighi e, quindi, facilmente classificabile come un fatto di criminalità fra tanti. Una ricerca su internet consegna un paio di manciate di articoli dalle pagine della cronaca di giornali di provincia, poco più. Un piccolo doloroso libro ha raccolto i pensieri di elaborazione del lutto della moglie.

Eppure è una storia importante, emblema non tanto del rischio che corre un professionista (prima e dopo Ausonio Coli altri hanno incontrato il medesimo destino), ma di come sia sempre in agguato la facile fuga dalla propria responsabilità attraverso l’aggressione di chi esercita appieno la sua responsabilità.

Potremmo soffermarci sul dolore di una moglie, di una figlia grande, di una bambina di cinque anni che apprende della morte del padre dall’imbarazzo di due poliziotti. Potremmo scoperchiare il vaso delle nostre emozioni pensando all’assurdità di familiari costretti ad immaginare gli ultimi minuti della vita del loro caro attraverso perizie autoptiche e balistiche. O possiamo, come molti fanno, trovare nella storia di Ausonio Coli uno stimolo in più per vivere a fondo le nostre responsabilità, contribuendo a dare l’esempio che gli ostacoli si affrontano, non si aggirano.

Scelti per te