ROMA – Qualche cliente scriveva sms inequivocabili alle baby prostitute: “Mi piacciono le lolitine”. Per molti sarà difficile sostenere che credevano fossero maggiorenni. La vicenda dei Parioli, con due ragazzine di 14 e 15 anni avviate alla prostituzione da alcuni adulti, probabilmente con il tacito consenso di una delle madri, si arricchisce ora di alcuni sms. Che descrivono la rete di contatti in cui le due erano finite, portate in case, alberghi, “affittate” per week end al mare. Ecco cosa scrive il Corriere della Sera:
«Il mio amico ha apprezzato molto la tua amichetta. Vi voleva invitare in barca a Ponza, ma per il week end siamo già in 15». Risale alla fine di luglio uno dei messaggini inviati dal commercialista Riccardo Sbarra — arrestato nell’operazione «Ninfa» con altre quattro persone — a una delle due baby squillo dei Parioli che aveva da poco lasciato un cliente. Frasi forti, soprattutto se riferite a ragazzine di 14 anni, simili ad altre intercettate dai carabinieri nel corso delle indagini e che ora sono al centro di accertamenti.
«Tu mi piaci, hai amichette giovani e io adoro le lolitine», scriveva ancora il professionista solo pochi giorni prima di finire in manette, oppure, con un altro sms a una delle giovanissime prostitute: «Venite a casa mia e ci restate, se volete». Uno spaccato inquietante del giro nel quale le minorenni erano finite dopo aver conosciuto sulla Rete, uno dopo l’altro, i quattro arrestati (oltre al commercialista, anche il soldato abruzzese Nunzio Pizzacalla, Mirko Ieni, residente ai Parioli, e il commerciante Michael De Quattro, accusato di aver ricattato una delle ragazze con un video dei loro incontri sessuali). Fino a oggi alcuni dei clienti delle baby squillo sono stati perquisiti dagli investigatori in quanto indagati per aver avuto rapporti sessuali con minorenni, e per di più a pagamento. Altri potrebbero finire presto sotto inchiesta. Finora nessuno di loro è stato interrogato dai carabinieri e dalla procura, ma quando verranno convocati dovranno essere accompagnati dall’avvocato. «Non sapevo che fossero minorenni», è la giustificazione più frequente data ai militari dell’Arma al momento delle perquisizioni. Ma qualcuno avrebbe ammesso di aver pagato personalmente sia le ragazze sia i «protettori» prima o dopo gli incontri sessuali.