Bambino bullizzato a scuola dalle maestre, la madre lo scopre e viene indagata lei

Nel computer di una scuola di Pavia una maestra ha trovato una chat, lasciata aperta, in cui tre colleghe maestre deridevano suo figlio in modo pesante. Insulti denunciati dalla madre maestra, secondo cui le colleghe aveva anche inflitto a suo figlio alcune punizioni e, in una occasione, lo avevano costretto a restare fuori dalla classe. Le tre maestre erano state sospese dal servizio in via cautelare, ma è scattata la contromossa di una di loro che l’ha denunciata per accesso abusivo a sistema informatico e violazione della corrispondenza. La donna, per questo motivo, è ora indagata dalla Procura di Milano, competente a indagare per i reati informatici in tutto il distretto del capoluogo lombardo.

La madre del bambino bullizzato a scuola dalle maestre

La donna aveva scoperto gli insulti a suo figlio sedendosi per caso davanti al computer di un’aula dove la chat tra le tre colleghe era rimasta aperta. A colpirla non era stata soltanto la durezza delle parole che utilizzavano, come “pirla”, “sporco”, “bambino di m…”. Tra le foto condivise su WhatsApp dalle maestre ce n’era una che lo mostrava seduto al banco dopo un castigo, lo sguardo basso e le braccia incrociate. Una chiara espressione, a detta dei genitori del piccolo, dei rapporti particolarmente tesi con le maestre.

Quando il caso è diventato noto, diverse famiglie della scuola che si sono dette turbate. La madre-maestra, sostenuta dal marito, ha denunciato quel comportamento all’Ufficio scolastico regionale e provinciale, alla dirigente dell’Istituto e persino al difensore civico regionale e alla diocesi di Pavia. Convinta della gravità della situazione, si era infine recata in Questura, dove è ancora aperto un fascicolo con le ipotesi di maltrattamenti e abuso di mezzi di correzione.

Indagata anche lei

Adesso, però, anche la madre del bambino bullizzato dalle sue maestre è finita nei guai. Anche se la denuncia nei suoi confronti di cui si sta occupando la procura di Milano, sembra destinata all’archiviazione. Il computer della scuola era aperto e lo era anche la chat che ha scatenato la vicenda. Tra gli elementi che sembrano far propendere per l’archiviazione gli inquirenti, anche il fatto che il computer utilizzato è quello di una scuola. E non di un privato, collocato in un luogo in cui l’accesso al personale era consentito.

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