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Funerale pagato per gli “onorevoli” siciliani: persi quei 5000 euro, recuperano con gli “incarichi”

di luiss_smorgana |27 Luglio 2011 15:02

PALERMO – Quanto costa un funerale? Stando ai conti fatti dalle agenzie funebri un funerale, per quanto di “lusso”, difficilmente supera i 3mila euro. I deputati dell’assemblea regionale siciliana però, evidentemente per stare tranquilli, se ne erano assegnati 5mila, quasi il doppio. Un “contributo” spettante a tutti quelli che anche per un solo giorno hanno fatto parte del parlamento di Palermo. Un contributo evidentemente comprensivo di mancia, un dono che il caro estinto poteva lasciare ai congiunti come segno tangibile del proprio affetto. Un contributo che dopo anni è stato cancellato. Ma per un obolo che va, mille ne rimangono, e l’assemblea siciliana rimane il paradigma degli sprechi e dei costi della politica.

La questione costi della regione Sicilia è cosa nota e sotto gli occhi di tutti e, il presidente dell’Assemblea, Francesco Cascio, sta cercando di mettere qualche pezza, ma è come tentar di svuotare il mare con un secchiello. Cascio, criticato un giorno sì e uno no dal Governatore Raffaele Lombardo e dal fondatore di Forza Sud Gianfranco Micciché, vuole passare alla storia dell’assemblea siciliana come il moralizzatore. Il suo discorso d’insediamento all’Ars è stato alto e vibrante. Il neopresidente si è appellato alla “politica vivente” e ha ammonito i deputati di quell’aula… sorda e grigia? «Rammentiamoci, sempre, che i giovani ci stanno a guardare!». Già, i giovani guardano con malcelato disgusto e Cascio cancella con un tratto di penna il sussidio di 6.400 euro che spetta agli ex deputati per «l’aggiornamento politico e culturale». Una bella mossa, se poi non si scoprisse che dei quattrini dovranno farne a meno soltanto gli ex deputati che godono di un assegno vitalizio pagato vita natural durante dai contribuenti isolani. Per gli altri che ancora non sono in pensione e pare abbiamo necessità impellente di aggiornamento “politico e culturale” finanziato dai siciliani, quel sussidio non verrà meno.

Dagli anni Sessanta poi, una leggina pensata e scritta dai novanta parlamentari dell’Ars, li equipara in tutto e per tutto ai senatori della Repubblica italiana. Novanta bocche voracissime da sfamare e con smanie in linea con lo statuto speciale di rango costituzionale conferito all’isola nel lontano 1948. Diciottomila euro netti di stipendio al mese cadauno, più le indennità che fioriscono per incarichi di presidenti, vicepresidenti, questori, segretari, etc. etc. Un paio di settimane fa, l’ufficio di presidenza dell’Ars, ha cancellato i cinquemila euro di sussidio per i funerali che spettavano a chiunque avesse occupato la poltrona di deputato. I collaboratori più stretti del presidente del’Ars sono orgogliosi di questo disboscamento: «La Sicilia, sui tagli ai costi della politica, anticipa il Senato della Repubblica». Ma nessuno parla della riduzione dei deputati da novanta a cinquanta, come succede per esempio in Emilia-Romagna. Per un’indennità persa c’è sempre la moltiplicazione degli incarichi di presidente e vicepresidente di commissione che valgono dai mille ai tremila euro al mese in più. Esaurite tutte le commissioni a rigor di materie sulle quali l’assemblea ha competenza, qualcuno si è inventato il “Comitato per la qualità della legislazione” che esprime pareri sulla «omogeneità, semplicità e chiarezza» dei testi legislativi. Non è un lavoro massacrante: nel 2010 l’Assemblea regionale siciliana ha partorito 23 leggi. Nel 2009 erano state soltanto 12. Tanti deputati per nulla e stessa situazione per quel che riguarda i dipendenti regionali. A fare i conti in tasca alla burocrazia siciliana è stato il procuratore generale della Corte dei Conti Giovanni Coppola. La sua relazione del 30 giugno 2011 racconta che, ad esempio, la Lombardia, che ha il doppio degli abitanti della Sicilia, conta 212 dirigenti, la Sicilia 3mila. Il calcolo è presto fatto: a ogni lombardo la burocrazia regionale è costata 13 euro, a ogni siciliano 204. Un tale di nome Cicerone, tanto tempo fa, aveva denunciato una situazione non dissimile in un celebre processo contro il governatore dell’isola Verre. Sono passati poco più di duemila anni, erano i tempi dell’impero romano non ancora divenuto impero ma, a Palermo, il tempo scorre lento.

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