BARI – Presunte infiltrazioni della criminalità mafiosa di Bari nel settore del gioco: 36 arresti e beni sequestrati per 7,5 milioni di euro. E’ il risultato dell’inchiesta della Guardia di Finanza, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari, sulle mani dei clan sul settore dei giochi.
Sono trentasei le ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse. Dall’inchiesta è emerso che i membri dell’organizzazione avevano concentrato i propri interessi sull’installazione e sulla gestione degli apparecchi di intrattenimento nei negozi e nelle sale gioco in città. Dei 36 soggetti coinvolti nell’inchiesta alcuni apparterrebbero a storici clan baresi, riferisce l’Ansa: gli Anemolo, gli Strisciuglio e i Capriati.
C’è “il gotha di tutti i clan più importanti di Bari” nell’indagine sulle presunte infiltrazioni della criminalità mafiosa barese nel settore del gioco: lo ha detto il procuratore Giuseppe Volpe, spiegando che i clan della città “alteravano il mercato della concorrenza imponendo con metodo mafioso i videopoker che il monopolista B. D. A., la mente dell’intero sistema illecito, voleva fossero installati”.
Il procuratore aggiunto Roberto Rossi, che ha coordinato l’inchiesta con la collega Bruna Manganelli, ha evidenziato il “controllo economico assoluto del territorio da parte dei clan che, quando si tratta di soldi, trovano subito un accordo”. L’indagine ha accertato, infatti, che “l’intero sistema di gioco apparentemente legale, tra i settori economici più rilevanti del territorio, è in mano alla criminalità. Il dato economico è spaventoso – ha spiegato Rossi – perché il giro d’affari è di centinaia di milioni di euro”.
Il guadagno per i clan sarebbe stato da un lato il compenso corrisposto dall’imprenditore per aiutarlo ad installare i suoi apparecchi, fisso (mensile o per ciascuna macchinetta installata, dai 100 ai 500 euro) o come percentuale sulle vincite; dall’altro, la possibilità di riciclare il denaro sporco attraverso attività legali.
Agli atti dell’indagine, riferisce l’agenzia Ansa, ci sono intercettazioni telefoniche e le dichiarazioni di dieci collaboratori di giustizia. L’inchiesta è partita nel 2015 dalla “coraggiosa denuncia”, dicono gli inquirenti, di un commerciante barese, titolare di una tabaccheria, vittima di usura ed estorsione. “Queste persone si mettono a portare cose e non mi avvisano. Alla fine il bar non è più mio, è vostro, è di tutti – si legge in una intercettazione tra il commerciante vittima e un indagato -. Quello impone una cosa, quello ne impone un’altra, tu ne imponi un’altra ancora. E io che ci sto a fare qui? Il pupazzo?”.
Gli accertamenti della Guardia di Finanza hanno documentato, con riferimento al reato di usura, prestiti per circa 150mila euro con tassi di interesse fino al 2.000% annuo. Tra i beni sequestrati ci sono 3 sale giochi, 2 aziende, 4 immobili, 5 auto e 205 conti correnti. (Fonte: Ansa)