Caos liste: la lunga notte di Berlusconi, nessun accordo col Colle, slitta il Consiglio dei Ministri

Giorgio Napolitano e Silvio Berlusconi

Il caos liste ha tolto il sonno al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che è rimasto a Palazzo Chigi fino a notte fonda, lavorando nel suo studio dopo aver salutato Gianni Letta che, poco dopo la mezzanotte, è rientrato a casa. Per una volta il presidente del Consiglio ha fatto più tardi del suo sottosegretario rimanendo da solo nel palazzo. Ma i risultati, al momento, non sono quelli sperati: l’accordo sulla possibile “soluzione politica” ancora non c’è nonostante una giornata febbrile fatta di incontri, ipotesi e trattative. Il presidente della Repubblica è perplesso sul decreto e su qualsiasi provvedimento che non abbia il consenso dell’opposizione.

Nella serata di giovedì Berlusconi era salito al Quirinale con un ipotesi di decreto per riaprire i termini di ammissione delle liste per le regionali, ma Napolitano lo aveva fermato. Un’ora di colloquio tra il premier ed il Capo dello Stato sulla  vicenda delle liste in Lazio e Lombardia è risultata infruttuosa. Di conseguenza è saltato all’ultimo momento un Consiglio dei ministri, mai convocato ufficialmente anche se ai titolari dei vari dicasteri era stata chiesta la disponibilità a partecipare ad un vertice straordinario alle 22 di giovedì 4 marzo. La  riunione, invece,  è slittata a venerdì 5 alle 18.

Dal Colle, ufficialmente un ‘no comment’, anche se trapelano da fonti della maggioranza il no del Capo dello Stato allo strumento del decreto e le sue perplessità sul mancato accordo con le opposizioni su un tema così delicato.

Chi ha avuto modo di parlare con Berlusconi  lo descrive amareggiato e pessimista. L’incontro al Quirinale, scrive l’Ansa riportando fonti vicine al premier,  «é andato decisamente male». Il governo ha ribadito la volontà di trovare una soluzione politica per superare lo stallo,  come ad esempio la messa a punto di un nuovo decreto interpretativo delle norme sulla presentazione delle liste.  L’ipotesi decreto, al vaglio dei tecnici,  potrebbe essere esaminata nel pomeriggio di venerdì dal Consiglio dei ministri.

Ma la strada del provvedimento d’urgenza proprio non piace al Capo dello Stato, e rischierebbe di portare ad un muro contro muro tra governo e Colle. Tanto che in molti, nel Pdl, consigliano di confidare nella sentenza del Tar per rimettere le cose a posto e ripresentare le liste messe al momento fuori gioco.

Napolitano, del resto,  aveva già manifestato i suoi dubbi sulla possibilità di un decreto legge. “Preoccupato seguo gli sviluppi e attendo le decisioni della magistratura prima di esaminare la situazione”, aveva detto il presidente della Repubblica lasciando Bruxelles, dove si trovava in visita. “Una soluzione politica? Non lo so, non ne ho idea. Se qualcuno mi spiega cos’é la soluzione politica e da parte di chi e su che cosa la esaminerò”, aveva aggiunto, confermando il giudizio non lusinghiero sulla vicenda espresso ieri: “un pasticcio”.

Il premier Berlusconi, riunito fino a tarda sera a Palazzo Chigi con diversi ministri, nell’ufficio di presidenza del Pdl del pomeriggio, aveva illustrato l’idea di parlare a Napolitano di un decreto per far slittare i termini di chiusura delle liste e, in subordine, della possibilità di far slittare per decreto il voto in Lazio e Lombardia di quindici giorni. “Il Popolo della libertà è stato vittima di un sopruso grave – aveva detto Berlusconi – I nostri uomini sono stati trattati come incapaci mentre invece c’é stata malafede da parte di altri e un atteggiamento di alcuni magistrati eccessivamente rigido e fiscale”.

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