Bohli Kayes, rapporto sulla morte: “Dopo arresto stato di inspiegabile incoscienza”

Bohli Kayes, rapporto sulla morte: "Dopo arresto stato di inspiegabile incoscienza"
Bohli Kayes

SANREMO (SAVONA) – Il Corriere della Sera pubblica il rapporto dei carabinieri sotto inchiesta per la morte di Bholi Kayes, il tunisino di 35 anni morto nella caserma di Riva Ligure il 6 giugno.

Bholi era stato fermato per spaccio. L’uomo, ha spiegato l’autopsia, è deceduto per una asfissia violenta causata da una pressione sulla cassa toracica. Per gli inquirenti, i carabinieri che ora hanno messo sotto inchiesta, devono avergli premuto il torace impedendogli di respirare.

L’articolo del Corriere porta la firma di Giusi Fasano. Nel rapporto, i tre carabinieri spiegano che l’uomo era in uno “stato di inspiegabile incoscienza”:

“I tre carabinieri indagati per la morte di Kaies Bholi lo scrivono nel rapporto inviato al comando generale e alla procura di Sanremo: ‘Bholi ancora prima di salire a bordo dell’automezzo di servizio opponeva un’apparente resistenza passiva, al punto che ci vedevamo costretti a caricarlo a bordo letteralmente di peso’. E ancora: ‘Giunti presso la sede, il Bholi rifiutava apparentemente di scendere e per tale ragione anche in questa circostanza veniva letteralmente preso di peso e condotto all’interno’. In un passaggio successivo, dopo la descrizione della chiamata al 118, l’arrivo dei soccorritori e la corsa in ospedale, si legge: ‘Da dire che in questa fase mai lo stesso ha ripreso conoscenza e manifestava uno stato di inspiegabile incoscienza’”.

L’articolo del Corriere spiega tuttavia che nel racconto dei militari c’è una certa incoerenza:

“Da dire’, appunto. Con il corsivo sulle espressioni ‘resistenza passiva’ e ‘inspiegabile incoscienza’, come per fermare su quelle quattro parole tutto il loro stupore. Ma come? sembrano chiedersi per primi loro stessi: il pluripregiudicato magrebino Kaies Bholi prima tenta la fuga, scalpita, butta via la droga, tira calci e pugni, e poi all’improvviso è inerme e per portarlo via si deve sollevarlo di peso…”

Alla moglie dell’uomo, come spiega un sottoufficiale, i carabinieri hanno spiegato che pensavano che stesse fingendo:

“E invece Kaies, tunisino che avrebbe compiuto 36 anni tre giorni fa, quella sera del 5 giugno stava respirando il suo ultimo filo d’aria. Stava morendo asfissiato, come dice la perizia ordinata dalla procura. E nella relazione di servizio scritta la notte stessa dai carabinieri è descritto il punto di non ritorno, quella ‘resistenza passiva’ che, rivelano i tre, era già chiara quando Kaies era ancora in strada. Evidentemente è per questo che il procuratore Roberto Cavallone prima e la moglie del magrebino poi hanno invitato eventuali testimoni a raccontare dettagli. Per fissare i punti-chiave di quel che andò storto davanti al Lido di Riva Ligure”.

“I carabinieri scrivono che ‘durante il breve tragitto dal supermercato alla sede della stazione l’arrestato proferiva una sola insignificante frase sull'”infame” che lo aveva incastrato e null’altro’. Arrivo in caserma. ‘Non avendo una cella di sicurezza non ritenevamo opportuno liberarlo dalle manette in quanto ritenevamo che potesse avere ulteriori violente reazioni. Dopo circa due/tre minuti constatavamo il persistere passivo dello stesso Bholi che pareva perdere addirittura i sensi, pur non proferendo parola’”.

“Forse a quel punto il magrebino stava già male, i suoi polmoni avevano smesso di funzionare come dovevano durante le fasi concitate dell’arresto. Che i militari descrivono nel dettaglio. ‘Bholi sfilando le mani dalle tasche spintonava violentemente uno di noi aprendosi un varco verso la via Aurelia. Lo abbiamo inseguito, lui è riuscito a scavalcare il primo guard-rail non calcolando però la presenza del secondo, inciampando rovinosamente e rimanendo miseramente incastrato. Riuscivamo quindi ad afferrarlo per i piedi e ricondurlo energicamente a terra’. Segue il racconto di Kaies che butta via la droga che aveva in tasca e che ‘tenta disperatamente di divincolarsi sferrando calci e pugni’ e che alla fine viene bloccato a terra ‘grazie anche all’intervento di un civile’. Lo fermano ‘in posizione prona immobilizzandolo con le manette ai polsi dietro la schiena. Nonostante ciò lui si dimenava sferrando calci che colpivano gli scriventi rispettivamente agli avambracci e ginocchio destro e collo e spalla (trovandosi piegato sul fermato)  e questo ci induceva a bloccarli anche le gambe con manette legate alle caviglie”.

Il rapporto dei carabinieri si conclude così. Come spiega Giusi Fasano:

“Nient’altro. Nessuno sembra essersi accorto della gravità di quello che stava accadendo”. 

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