Brega Massone, chiesto ergastolo per chirurgo che mutilava pazienti per soldi

di Redazione Blitz
Pubblicato il 13 Marzo 2014 - 08:27 OLTRE 6 MESI FA
La clinica Santa Rita a Milano, ribattezzata "la clinica degli orrori" (foto Lapresse)

La clinica Santa Rita a Milano, ribattezzata “la clinica degli orrori” (foto Lapresse)

MILANO – Chiesto l’ergastolo per Pier Paolo Brega Massone: lui è l’ex primario di chirurgia toracica della clinica Santa Rita di Milano accusato di aver mutilato alcuni suoi pazienti. Lui e il suo ex “braccio destro” Fabio Presicci meritano la ”condanna all’ergastolo” secondo i pm. E’ la prima volta che in un’aula di tribunale si sente un magistrato chiedere una pena simile per dei medici in relazione a presunti reati commessi nell’esercizio della loro professione. E’ l’ergastolo, secondo i pm Grazia Pradella e Tiziana Siciliano, la pena giusta da infliggere ai due chirurghi della casa di cura che all’epoca degli arresti, nell’estate del 2008, venne ribattezzata la ‘clinica degli orrori’.

Brega Massone e Presicci, infatti, stando a quanto ricostruito nella requisitoria distribuita in due udienze, non hanno esitato ”per soldi” a eseguire interventi inutili con tanto di ”mutilazioni” nemmeno di fronte a ”malati terminali’‘, dimostrando di non possedere ”il senso dell’umana pietà”. Già condannato a 15 anni e mezzo di carcere per truffa e per un’ottantina di casi di lesioni ai pazienti (sulla conferma della condanna dovrà decidere la Cassazione) e recentemente scarcerato per un vizio di forma, Brega Massone nel ‘filone bis’ davanti alla prima Corte d’Assise di Milano è imputato con l’accusa di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà per le morti di quattro pazienti avvenute nel 2006. Oltre a dover rispondere di un’altra quarantina di casi di lesioni e alle accuse di truffa e falso.

Due, invece, gli omicidi contestati a Presicci in concorso con Brega, mentre un altro ex medico dell’equipe, Marco Pansera, è imputato per una morte sempre in concorso col suo ex capo. E solo a Pansera, secondo i pm, si possono concedere le attenuanti generiche anche per la sua ”minore esperienza” professionale. Da qui la richiesta per lui di 18 anni di carcere, a fronte dei due ergastoli chiesti assieme all’isolamento diurno di 2 anni e 6 mesi per Brega e di un anno per Presicci.

Dopo che il pm Siciliano nella scorsa udienza aveva equiparato il ”bollettino” di morti e feriti alla Santa Rita (circa 150 pazienti indicati come vittime nei due processi) a una vera e propria ”guerra”, oggi la collega Pradella ha incentrato il suo intervento sulle morti di Giuseppina Vailati, 82 anni, Maria Luisa Scocchetti, 65 anni, Gustavo Dalto, 89 anni, e Antonio Schiavo, 85 anni. Tutti, secondo l’accusa, portati ”sul tavolo operatorio” senza alcuna giustificazione clinica per interventi ”inutili” effettuati al solo fine di ”monetizzare” i rimborsi del sistema sanitario nazionale per la clinica convenzionata. Col risultato che, secondo i pm, quelle operazioni li hanno uccisi.

Dalto, ha spiegato il pm, quando finì sotto i ferri era già ”uno scheletro, pesava 52 kg per 1,76 metri di altezza”. A Scocchetti venne fatta una resezione ai polmoni, ‘venduta’ a suo figlio come un ”piccolo intervento”, e la donna, che era già gravemente malata, morì per ”insufficienza respiratoria”. Vailati, quando venne operata da Brega Massone, ”pesava 40 kg”, mentre gli esiti degli accertamenti tumorali per Schiavo arrivarono dopo che l’uomo era già stato operato ed era morto.

Per Brega Massone valeva, infatti, a detta dei pm, la ”raggelante equazione tra pezzi anatomici del paziente, seno o polmoni che fossero, e rimborsi”. Quei ”pezzi” che facevano entrare nelle casse della Santa Rita almeno ”11mila euro” ad intervento. In aula i pm hanno riletto anche tante di quelle intercettazioni ormai tristemente note, come quella del gennaio 2008 in cui l’ex primario diceva: ”Cazzo, mi hanno bocciato la mammella novantenne”. Mai un ”ripensamento, mai una parola di commiserazione” verso i pazienti da parte di Brega, ha aggiunto Pradella, ma anzi sempre la rivendicazione della ”sua abilità”.

Forse anche per questo, il pm ha voluto concludere la requisitoria (chieste altre 4 condanne fino a 2 anni) con un riferimento personale, ma non troppo: ”Mio padre era medico di base, io e i miei fratelli siamo cresciuti tra i malati, abituati a vedere la sofferenza e oggi la mia gratitudine va a tutti i medici che ogni giorno affrontano la sofferenza dei loro pazienti”. La sentenza è attesa non prima di fine aprile.