ROMA – Le connessioni fra Salvatore Buzzi e la sua coop “29 giugno” con le amministrazioni di Francesco Rutelli e in particolare di Walter Veltroni rivelano come il sistema messo in piedi da Buzzi e Massimo Carminati, scoperchiato dalla maxi-inchiesta sul cosiddetto “Mondo di Mezzo” fra traffici illegali e politica romana, non sia nato con l’avvento a sindaco di Roma di Gianni Alemanno, che pure è indagato dalla procura di Roma, a differenza dei suoi predecessori che non sono coinvolti nell’inchiesta a nessun titolo. Ma la responsabilità politica è un’altra cosa. È Fulvio Fiano sul Corriere Roma a sottolineare un’intercettazione, quella in cui Buzzi spiega al telefono che “tutto cominciò sotto Veltroni”:
In ballo c’è la gestione del campo nomadi di Castel Romano, finita direttamente, senza bando, grazie ad un’ordinanza dell’ex sindaco, nelle mani del braccio destro di Massimo Carminati. Il dominus delle cooperative parla con Claudio Caldarelli, che per la Procura di Roma si occupava di presentare presso gli uffici comunali la documentazione necessaria per ottenere il pagamento dei canoni di locazione dei campi nomadi gestiti dalle cooperative.
Buzzi vuole che Caldarelli «fosse pienamente a conoscenza – scrive il Ros – della storia di ciascun campo di Castel Romano e in particolare di quello F». E cita un accordo tra l’ex sindaco di Roma Walter Veltroni e Angelo Deodati, stretto collaboratore del re della «monnezza» Manlio Cerroni e patron dell’Ecocar, una società che si occupa dello smaltimento dei rifiuti già raggiunta lo scorso luglio da un’interdittiva antimafia. Un accordo che gli avrebbe fatto risparmiare molti soldi. Era il settembre del 2005. Nella conversazione i due parlano di un terreno di Deodati in cui, se non fosse stato per l’opposizione di Rifondazione Comunista, sarebbe dovuto sorgere un termovalorizzatore e che invece viene destinato ai rom.
«Quando viene fatto lo sgombero dei campi di vicolo Salvini – dice Buzzi – i nomadi vengono portati a Castel Romano dove c’era un accordo tra Veltroni e Deodati perché sui terreni di Deodati dove doveva sorgere un inceneritore (…). Fanno un accordo che portano i nomadi nottetempo e Deodati sta zitto. Che succede? I nomadi sono nomadi e quelli del Comune sono pippe. Invece de sta solo sul terreno de Deodati vanno a finire pure sul terreno di Bolla e Di Ninno, (collaboratore e commercialista di Buzzi, ndr), questo avviene il 18 settembre 2005. Quando Emilio e Bolla vanno dopo qualche giorno a vedere se trovano sto disastro a noi ce chiama Veltroni… no Odevaine (l’ex vice capo di gabinetto dell’allora sindaco Veltroni oggi in carcere con l’accusa di aver favorito Carminati & Co, ndr)…dice: “Comprateve i terreni de sti du figli de na mignotta e levatemeli dai coglioni”… dice “poi ce metteremo d’accordo, ok?”.
Siccome noi risparmiamo un sacco de soldi con Veltroni ci siamo messi d’accordo. E l’affitto ce lo ha pagato per otto mesi poi non c’ha pagato più». Buzzi continua il racconto spiegando che dopo non aver più pagato l’affitto l’amministrazione Veltroni «per fare il campo nomadi sul nostro terreno che avevamo comprato ce buttano giù i capannoni, spianano tutto, ce mettono la breccia, fanno quello che cazzo glie pare, ce mettono l’impianto di depurazione, su quel campo sta sul terreno nostro. Arriva Alemanno e noi ce ricordamo…non c’ha mai pagato l’affitto…e facciamo un atto di diffida e significazione a Scozzafava (ex dirigente del Campidoglio) “guarda c’hai fatto 1 milione e 6 de danni”, in realtà a noi c’è… (inc) 7-8 cento mila euro non de più, però avemo chiesto 1 milione e 6». Buzzi prosegue poi raccontando quella che per il Ros è l’offerta all’ex sindaco Gianni Alemanno «di ampliare il campo di Castel Romano in cambio di un affidamento minimo di 24 mesi per rientrare dell’investimento» sfruttando un’emergenza del 2010.
Franco Bechis su Libero fa notare un’altra cosa: dal sito della coop 29 giugno è scomparsa ogni traccia di Walter Veltroni. Tanto da arrivare a titolare che “La coop della Cupola sbianchetta l’amico Veltroni”. E riporta le belle parole di Buzzi verso l’amministrazione dell’ex segretario del Pd e direttore dell’Unità:
La giunta del comune di Roma guidata da Walter Veltroni «ha proseguito e rilanciato l’azione delle precedenti giunte comunali riguardo i diritti di cittadinanza e di integrazione dei soggetti svantaggiati ed inoltre noi abbiamo il privilegio di conoscere personalmente il Sindaco, che sovente ci incoraggia in questo nostro difficile percorso di imprenditorialità sociale». Parola di Salvatore Buzzi, per lustri presidente della coop sociale 29 giugno, fino a quando non è diventato l’indagato principe dell’inchiesta su Roma capitale, finendo agli arresti nel carcere sardo di Badu ’e Carros.
Quella rivendicazione di amicizia con il fondatore del Pd, che è stato sindaco di Roma, quel riconoscimento tributato alla giunta Veltroni che si era data un gran da fare per sostenere le cooperative sociali come la 29 giugno, era contenuto nella storia del gruppo vergata proprio da Buzzi e inserita in apertura del sito internet della coop. Bisogna parlarne al passato, perché quella storia è tutt’oggi in apertura del sito: nove cartelle dall’inizio ai giorni nostri.
Ma quella rivendicazione dell’amicizia con Veltroni è misteriosamente scomparsa insieme a un paio di altri periodi, dove era contenuta anche la notizia di un finanziamento ricevuto nel 2005 dalla Regione Lazio di cui era appena divenuto presidente Piero Marrazzo. Mancano questi due periodi nella storia che oggi è visibile da tutti. Qualcuno li ha sbianchettati, senza spiegare perché.
Per ritrovare il vecchio testo con il riferimento alla amicizia personale di Buzzi con Veltroni bisogna andare a cercare il sito Internet precedente della Coop (www.cooperativa29giugno.org) attraverso la wayback machine che fa resuscitare testi poi cancellati da internet. Diventa così un giallo la sparizione di quella citazione dell’amicizia con Veltroni. Anche perché nel lungo e pomposo testo sulla storia della cooperativa, non mancano riferimenti ad altri leader politici e sindaci della capitale. Sono tutt’ora visibili i riferimenti alla giunta comunale di Roma guidata da Francesco Rutelli.
E le parole nei suoi confronti sono altrettanto cortesi: «Finalmente», scrive Buzzi, «nel dicembre 1993 arrivò la Giunta Rutelli. Fino al 1993 noi avevamo rapporti con le municipalità, specialmente la V°, ma con l’Amministrazione comunale di Roma, con le Giunte Signorello e Carraro, non eravamo mai riusciti a portare avanti progetti di integrazione sociale. Arrivò al Governo della città una nuova classe dirigente, molti dei quali conosciuti direttamente nelle nostre battaglie di integrazione, altri ancora erano stati compagni di viaggio e grandi opportunità alla nostra Cooperativa furono date da molte persone».
In quella stagione politica Buzzi considerava di avere tre amici, che cita con affetto: l’attuale senatrice di Sel Loredana De Petris, il compianto Mario Di Carlo e l’ex assessore alla Sanità Giusy Gabriele. Rutelli assegna a Buzzi e ai suoi ex detenuti anche una commessa che li ha resi felici, tanto da scrivere: «Nel 2000 la nostra Cooperativa ha avuto l’onore di partecipare all’apertura dell’Anno Santo con la manutenzione delle aree verdi prospicienti le Basiliche di S. Paolo e di S. Giovanni e forse questo è uno dei lavori che più ci inorgoglisce per la fiducia dimostrata dal Comune di Roma nei nostri confronti».
I rapporti con l’allora sindaco di Roma sono invece stati successivamente cancellati dal materiale illustrativo della Coop. Sparito anche ogni servizio fotografico che ritraeva Buzzi con Veltroni. Ogni volta che un personaggio importante rendeva visita alla coop naturalmente veniva realizzato un servizio fotografico da utilizzare come distintivo. Nessuna citazione invece della presenza del fondatore del Pd e primo cittadino di Roma da quelle parti.
Eppure un riferimento non più cancellabile c’è: nel bilancio della coop del 2006: fra i fatti di rilievo citati dopo la chiusura dell’esercizio sociale nella relazione che accompagna i conti economici, Buzzi scriveva: «Nel corso del 2007 il Centro è stato visitato dal Sindaco di Roma Walter Veltroni e dal Sottosegretario agli Interni Marcella Lucidi».
L’amicizia Buzzi e Veltroni che dopo anni improvvisamente è diventata imbarazzante per qualcuno che ne ha cancellato ogni traccia, è continuata fino all’ultimo giorno in cui il fondatore del Pd è restato in carica come sindaco di Roma. E in quegli anni è anche lievitato il fatturato delle coop di Buzzi, che sono riuscite ad acquisire dal Comune nuovi lavori anche in settori che non erano loro tradizionali, come la raccolta rifiuti presso le mense e i ristoranti di Roma.
Poi c’è la sorella di Buzzi, Anna Maria Buzzi, che è un alto dirigente del ministero della cultura guidato ora da Dario Franceschini. A giugno ne parlava così Furio Colombo sul Fatto quotidiano:
“E poi siamo costretti ad ascoltare, per quasi venti minuti, la mega-burocrate Anna Maria Buzzi, entusiasta seguace del suo ministro. La signora dei Beni Culturali rende omaggio al suo ministro con la bugia più diffusa, in tutte le epoche e partiti e governi degli ultimi venti anni: “Finalmente facciamo come l’Europa”.
Scrive Gian Maria De Francesco sul Giornale che “Così la sorella del boss inguaia Melandri e Veltroni”. Ora la sorella di Buzzi non è coinvolta nell’inchiesta della Procura di Roma, ma la sua carriera della Buzzi, cavaliere della Repubblica, resta giornalisticamente interessante. E di nuovo ritorna il nome di Veltroni, questa volta nelle vesti di ministro della Cultura. Così la ripercorre De Francesco:
L’inchiesta «Mondo di mezzo» della Procura di Roma ha anche un risvolto culturale. E «cultura» in Italia fa quasi sempre rima con «sinistra». Salvatore Buzzi, dominus del sistema della Coop 29 Giugno che proliferava grazie a Massimo Carminati, ha una sorella: Anna Maria Buzzi. Lei con l’indagine non ha nulla a che fare anche se la figlia, Irene Turchetti, è stata agevolata dallo zio in un concorso al Comune di Roma per un posto da ispettore amministrativo nel novembre 2013. Interessamento per il quale la signora voleva sdebitarsi con il dirigente Angelo Scozzafava con un orologio di Bulgari (alla sua portata visto lo stipendio annuo lordo di 168mila euro). Nell’Italia del familismo questo tipo di reati, purtroppo, è comune.
L’aspetto più interessante è un altro. Il Cavalier Anna Maria Buzzi è direttore generale Valorizzazione del patrimonio al ministero dei Beni culturali. L’incarico, affidatole dall’ex ministro Ornaghi, è stato assunto nell’agosto 2012, subentrando a Mario Resca, nominato dal precedente ministro Sandro Bondi. Anna Maria Buzzi lavora a via del Collegio Romano dal 1977, ma è nel periodo 1996-2001 che la sua carriera fa un salto di qualità, prima come reggente della Formazione alla direzione del Personale e poi con la nomina al coordinamento di tutti gli uffici con compiti gestionali del ministero inclusa la rappresentanza presso la Commissione Ue. In quel periodo il dicastero fu retto da Walter Veltroni prima e da Giovanna Melandri poi, senza soluzione di continuità. Ecco perché la Uil ha chiesto che Buzzi venga messa a disposizione del ministro Franceschini: troppo rischiosa la possibile nomina a direttore generale dei Musei per colei che gestisce i rapporti del ministero con il volontariato (una delle sue pubblicazioni dal titolo veltroniano Il volontariato per l’Arte è stato premiato da Palazzo Chigi), visto l’«ingombrante» fratello.
Giovanna Melandri, dicevamo. Il suo nome è già comparso di striscio nell’ambito dell’inchiesta. Luca Odevaine, ex capo di gabinetto di Walter Veltroni, è sposato con la sorella dell’avvocato Marco Morielli che è il coniuge dell’ex ministro. Stefano Bravo, commercialista che avrebbe trasferito all’estero i proventi illeciti di Buzzi e Carminati, è uno dei soci fondatori di «Human Foundation», la fondazione benefica creata da Giovanna Melandri, attualmente presidente del museo Maxxi di Roma. Lei si è detta «addolorata e furiosa» per quanto accaduto e ha minacciato le vie legali nei confronti della stampa birichina. Rispettosi del suo dolore, ci limitiamo all’enunciazione dei fatti.
E forse è un’altra semplice coincidenza il nome di un altro super dirigente del ministero di Dario Franceschini. Si tratta di Mario Guarany, direttore generale dell’Organizzazione. Secondo fonti bene informate, sarebbe cugino di primo grado di Carlo Maria Guarany, manager del sistema cooperativo della «29 Giugno». Mario Guarany è un dirigente del ministero dell’Economia in servizio presso i Beni Culturali dove è stato anche capo di gabinetto vicario dietro Salvo Nastasi, marito della figlia di Giovanni Minoli (a sua volta cugino di Giovanna Melandri) ed entrato per la prima volta al Collegio Romano nel 2001 proprio con la Melandri. Ecco sono solo coincidenze, casualità. In un mondo dove ci sono solo sei gradi di separazione tra gli individui, le distanze ai Beni Culturali si accorciano moltissimo.
TUTTE LE FOTO DEL “MONDO DI MEZZO”:
LE FOTO DI LUCA ODEVAINE-ODOVAINE:
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