Candida Auris, un caso a Mestre. Bassetti: “Niente allarmismi”. Ma cos’è e come si diffonde il fungo killer?

La Candida Auris, più nota come “fungo killer”, è stata classificata dal Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie (CDC), come una “seria minaccia per la salute globale”. Perché è molto contagiosa, resiste agli antimicotici e ha un elevato tasso di mortalità, in media del 50%.

Il suo arrivo in Italia, dove è stato individuato in un paziente ricoverato all’ospedale all’Angelo di Mestre (Venezia), ha fatto scattare tutte le procedure d’urgenza previste dal caso, compreso il monitoraggio di coloro che sono stati a contatto con la persona infetta, rientrata dall’estero, dov’era stata ricoverata per altre serie patologie e dove ha probabilmente contratto l’infezione.

Cos’è la Candida Auris

La Candida Auris, come scientificamente si chiama, è un’infezione molto grave, che scorre nel sangue e provoca setticemia. “E’ un lievito che ha iniziato a dare problemi dapprima in Sudafrica ed è un fungo molto resistente agli antibiotici, motivo per il quale è difficile da trattare – spiega il direttore di Malattie Infettive del San Martino di Genova Matteo Bassetti, che alle spalle ha oramai un centinaio di pubblicazioni sul tema -. E’ un’infezione che preoccupa e che va monitorata ma tenendo sempre dritta la barra. Negli ospedali vanno attivate da protocollo tutta una serie di azioni per ridurre il fenomeno, perché è correlato alle pratiche ospedaliere e colpisce soprattutto i pazienti più fragili, con un sistema immunitario compromesso da altre patologie. E’ impossibile azzerare il rischio ma il nostro sistema sanitario, come credo il Covid abbia dimostrato, è un buon sistema sanitario”.

Bassetti: “Niente allarmismi”

La Candida Auris potrebbe dar origine a una nuova pandemia? “Sicuramente questo fungo è una seria minaccia perché, essendo ad alta diffusibilità e resistente, provoca quadri clinici molto critici e anche mortalità – ammette Bassetti -. Ma dire che potrebbe essere la pandemia del futuro è allarmistico. Abbiamo protocolli molto rigidi e la trasmissibilità di questa infezione non è legata a una semplice condivisione di un asciugamano piuttosto che di un indumento. Un caso deve far giustamente accendere una lampadina e far attivare tutte le misure di controllo attivo previste ma non deve destare un’eccessiva preoccupazione”.

 

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