Due magistrati contro: Mancuso difende il boss, Cantone è parte lesa

Pubblicato il 17 Dicembre 2010 - 12:37 OLTRE 6 MESI FA

Due magistrati l’uno contro l’altro. Sono Raffaele Cantone e Libero Mancuso. Cantone, ex pm antimafia, oggi magistrato al Massimario della Cassazione, figura come parte lesa in un processo per calunnia contro un boss della camorra. Il “rivale” Mancuso, sceso in queste ore nell’agone politico come candidato alle primarie del centrosinistra, compare nell’insolita veste di difensore di un padrino: avvocato di Augusto La Torre.

Libero Mancuso, già amministratore al Comune di Bologna, è oggi candidato (il quarto, in ordine cronologico) alle pre-selezioni in programma il 23 gennaio, sulla spinta di un cartello di sostenitori che hanno fatto del riscatto cittadino e della qualità personale un punto di forza. Può continuare, il candidato dalla storia più profilata nell’impegno per la legalità, a difendere i camorristi in un’aula di giustizia?

Mancuso ascolta la domanda e non si scompone. “Non mi imbarazza, questa storia. Per niente. Innanzitutto, perché prima di accettare l’incarico e di dire sì alle ripetute richieste di Augusto La Torre ho pensato, ho chiesto consiglio a persone di cui mi fidavo, ad altri ex magistrati, dai quali ho avuto sollecitazione a difenderlo. E soprattutto perché ho chiesto il parere dello stesso dottor Cantone, per capire se la cosa gli fosse risultata sgradita. Così non è stato e quindi ho pensato che fosse giusto non venir meno alla mia attività”.

Un profilo controverso quello del boss La Torre: prima pentito, grazie al quale la Direzione distrettuale antimafia ha arrestato numerose persone, tra cui anche un avvocato considerato “infedele”. Poi, condannato a sua volta per calunnia per avere ingiustamente accusato di traffico di droga alcuni suoi gregari per coprire altri personaggi a lui vicini. Di fatto, La Torre oggi è detenuto in regime di 41 bis, il carcere duro previsto per gli esponenti di spicco della criminalità organizzata, essendogli stato revocato il programma di protezione.

Mancuso, tuttavia, precisa: “In un’altra storia, sempre pendente a Roma, la Procura ha chiesto per La Torre un’archiviazione. Ma al di là di questo, va sottolineato che egli è stato un collaboratore importante per il pool antimafia. E comunque ho sempre agito con estrema buonafede e trasparenza. Difendendo imputati che ritenevo, in coscienza, colpiti ingiustamente da quelle accuse. Solo ed esclusivamente in questi casi, quando sapevo di poter mostrare la loro estraneità rispetto a quegli addebiti, ho accettato di assisterli”.

Così è stato, ad esempio, per alcuni esponenti del clan Moccia, storica organizzazione di Afragola. Mancuso ha difeso personaggi del clan, ma tiene a precisare, “soltanto in vicende in cui i Moccia compaiono come parti lese di attività calunniose. Nella convinzione, ancora una volta, che fossero in quel caso “vittime” e non colpevoli di gravi reati”. Martedì, dunque, il duello a sorpresa con Cantone. Ma quest’ultimo, autore del recentissimo volume “I Gattopardi”, non intende commentare.