Carabiniere condannato, uccise ladro con proiettile di rimbalzo: “Invito ai criminali”

Carabiniere condannato per aver ucciso un ladro con proiettile di rimbalzo
(Foto Ansa)

ANCONA – Non si placa la polemica dopo la conferma in appello della condanna per omicidio colposo dell’’appuntato dei carabinieri Mirco Basconi, che, mirando alle ruote di un suv di 3 rapinatori albanesi in fuga, ne uccise uno con un proiettile rimbalzato sull’asfalto.

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È stato ritenuto colpevole del reato di omicidio colposo per eccesso colposo nell’utilizzo dell’arma di servizio. La pena è stata ridotta a 7 mesi e 10 giorni, rispetto all’anno inflitto in primo grado dal gup di Ancona Francesca Zagoreo con rito abbreviato. Inoltre, Mirco Basconi dovrà risarcire (ancorché senza provvisionale) i familiari della vittima, un albanese di 24 anni, che chiedono un risarcimento di due milioni e mezzo di euro. Tanto, evidentemente, rende una vita di rapine.

La parola ora è alla Corte di Cassazione dove si vedrà, scrive il Corriere Adriatico, “se davvero un tutore dell’ordine, quando spara alle ruote di un’auto in fuga, rischia una condanna per omicidio colposo per un uso imprudente dell’arma, se per disgrazia – com’è avvenuto tre anni fa – un proiettile di rimbalzo colpisce un ladro e lo uccide”. C’era una banda di ladri in fuga, a Ostra Vetere, paese di 3 mila abitanti nell’entroterra di Senigallia. Basconi sparò, mirando alle gomme.

Il rischio, sottolinea il giornale citando uno dei difensori del carabiniere, è che ora un carabiniere o un poliziotto ci pensino dieci volte prima di sparare alle gomme di un’auto con una banda di ladri o rapinatori in fuga. E che ladri e rapinatori divengano sempre più spregiudicati” e l’Italia diventi sempre più il paradiso dei ladri e dei rapinatori.

Fra i politici solo Matteo Salvini si è schierato a difesa del militare.

Il quotidiano delle Marche è in prima fila nel dare voce allo sconcerto dei cittadini dopo la sentenza della Corte d’Appello di Ancona. La sentenza che ha confermato la colpevolezza dell’appuntato Mirco Basconi, “com’era accaduto già nel febbraio 2016 dopo il verdetto di primo grado, suscita un’ondata di solidarietà per il militare finito sotto processo e anche reazioni di pancia contro chi l’ha giudicato meritevole di una sanzione penale. Non basta lo sconto di pena (da un anno a sette mesi e dieci giorni) a placare le reazioni indignate di molti che, soprattutto sul web, non aspettano di leggere le motivazioni della sentenza (attese entro 60 giorni) e gridano all’ingiustizia”.

Basconi, ora in servizio alla centrale operativa della Compagnia di carabinieri di Senigallia, riferisce il Corriere Adriatico, ha seguito il processo, svoltosi a porte chiuse, in aula “durante i due gradi di giudizio, accettando serenamente i verdetti, senza un minimo moto d’insofferenza, sempre fiducioso che prima o poi ci sarà un giudice a decretare la sua innocenza e sancire che la sera del primo febbraio 2015 fece solo il suo dovere. Dopo la sentenza, Basconi ha cercato di rasserenare i suoi avvocati, Mario e Alessandro Scaloni, “che s’erano spesi fino in fondo per ribaltare il verdetto di primo grado, e tutti coloro, tra cui anche molti colleghi e ufficiali dell’Arma, che erano lì per testimoniargli solidarietà. “Non preoccupatevi, vinceremo in Cassazione”, ha detto. Dalla sua parte si è schierato anche il sindaco di Ostra Vetere Luca Memè: “Basconi è una bravissima persona e siamo amareggiati, anche se la sentenza è un po’ migliorata, Sappiamo tutti dov’era il torto e dove la ragione”.

Italo D’Angelo, avvocato e ex questore di Pesaro, con una lunga carriera prima da carabiniere poi da dirigente della Polizia di Stato che l’ha visto in prima linea nell’antiterrorismo, nell’anticrimine e nella Squadra Mobile di Ancona, commenta: “Una volta il Poliziotto urlava al ladro in fuga “fermo o sparo!”, ma oggi quale avvertimento daranno le forze dell’Ordine? “Fermo , che potrei sparare ?” La verità è che le forze dell’ordine sono sempre più sole e la criminalità sempre più agguerrita. Ma non bisogna fare confusione: non sono i giudici a sbagliare nell’emettere queste sentenze, è la politica che non è in grado di varare leggi per la difesa dei cittadini e per assurdo per la difesa di chi è chiamato a difenderli”.

La pena s’alleggerisce, nota Lorenzo Sconocchini sul Corriere, “ma resta la condanna. Il giudice di primo grado, aggrappandosi a pronunce della Cassazione, spiegava che i tutori dell’ordine possono sparare solo se la fuga “assume i connotati della resistenza attiva”, come nel caso della “fuga con armi”.

Replicano i difensori che quella sera del 2015 i carabinieri si trovarono “in una situazione di assoluta necessità, quella di fermare i malviventi, tenuto conto del grave, persistente e attuale pericolo che essi rappresentavano per la collettività”. Inoltre i tre militari di pattuglia avvertirono “un forte botto, come un colpo d’arma da fuoco” e due di loro evitarono di essere investiti dall’auto dei banditi in fuga “solo grazie al felino balzo all’indietro”.

Fu in quelle condizioni che Basconi sparò: uno dei quattro colpi della sua pistola d’ordinanza – tutti diretti verso le ruote, accertò la perizia balistica – rimbalzò sull’asfalto e dopo aver perforato il vetro del suv in fuga colpì Korab Xheta, che morì dopo quattro giorni di agonia all’ospedale di Torrette.

 

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