Donna da tatuatore, foto ansa Donna da tatuatore, foto ansa

Carabiniere reintegrato dal Tar: “Non si può essere licenziati per i tatuaggi”

Carabiniere non può essere licenziato per i tatuaggi, anche se di grandi dimensioni e ‘deturpanti’, che gli coprono le braccia.

Lo ha deciso il Tar dell’Emilia Romagna che ha riammesso in servizio un appuntato scelto dei carabinieri, in servizio a Bologna, al quale era stata inflitta dal ministero della Difesa la sanzione della “perdita del grado per rimozione”.

Una punizione troppo grave, ha stabilito il Tribunale, anche se il comportamento in questione può “certamente” essere censurato sul piano disciplinare.

Il Tar ha dunque accolto il motivo di ricorso proposto dall’appuntato – difeso dagli avvocati Giorgio e Giovanni Carta – riguardante il difetto di proporzionalità della sanzione inflitta rispetto alla condotta incriminata, peraltro ‘amplificata’ dalla diffusione delle immagini degli avambracci tatuati su Facebook (ma non sarebbe stato l’appuntato a pubblicare il post).

Secondo il Tribunale amministrativo “l’incisione di tatuaggi, ove per dimensioni e contenuto siano deturpanti della persona e indice di personalità abnorme, può sicuramente costituire un illecito sul piano disciplinare”.

L’illecito che avverrebbe

“in quanto in contrasto con il Regolamento sulle uniformi per l’Arma, oltre che con il Testo unico’ in materia di ordinamento militare”.

Tuttavia, anche se nella Pubblica amministrazione vi è una “ampia discrezionalità” in tema di sanzioni disciplinari, queste devono comunque “conformarsi a parametri di ragionevolezza e proporzionalità”.

Carabiniere reintegrato, tar: “Sanzione inflitta sproporzionata” 

E nel caso dell’appuntato di Bologna la sanzione inflitta è certamente sproporzionata

“dal momento che – si legge nella sentenza – anche ove i tatuaggi per le relative dimensioni siano obbiettivamente deturpanti della persona,

non si ravvisa per ciò solo il venir meno del rapporto fiduciario con l’Amministrazione”.

Secondo il Tribunale, in questo caso non si ravvisa nemmeno “la ragionevolezza della massima sanzione espulsiva”.

Al contrario, vi sono “i presupposti per l’applicazione di una sanzione più mite”.

Per il Tribunale, che ha trattato la causa in videoconferenza, in base al protocollo anti-Covid 

“la condotta addebitata seppur non di lieve entità, non appare inadempimento di gravità tale da non consentire la prosecuzione del rapporto, tenuta in considerazione sia la possibilità di impiego”

del Carabiniere

“presso unità operative ove non è imposta l’uniforme a maniche corte, sia della stessa rimozione ove volontaria dei tatuaggi”.

Tar: “Arma non vieta ma sconsiglia tatuaggi”

Inoltre, osserva il Tar, la stessa Arma non vieta, ma ‘sconsiglia’ – con propri atti – l’applicazione dei tatuaggi.

“La sentenza del Tar Emilia Romagna – commenta l’avvocato Giorgio Carta – fa tirare un sospiro di sollievo”.

Sollievo che vale per

“quei militari che, in questi ultimi mesi, dopo decenni di tolleranza, si sono trovati improvvisamente sottoposti”

“a procedimenti disciplinari destitutivi per un comportamento assolutamente diffuso in tutte le polizie del mondo e”,

“comunque, facilmente superabile dall’uso della divisa con maniche lunghe”.

Nel caso dell’appuntato, questi “era giudicato da anni ‘superiore alla media’ dai superiori e si era trovato d’improvviso licenziato dall’Arma”.

Lienziamento arrivato “pur essendo stato utilmente impiegato, durante tutta la durata del procedimento disciplinare, nel nucleo Tribunali con le maniche lunghe”.

“Auspico – conclude l’avvocato Carta – che i procedimenti disciplinari attualmente in corso nei confronti di altri carabinieri tatuati tengano conto della importante affermazione di principi di tale sentenza” (fonte: Ansa, Dagospia). 

 

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