Carcere Carinola, prete va per dire messa e porta cellulari ai detenuti Carcere Carinola, prete va per dire messa e porta cellulari ai detenuti

Carinola, prete va in carcere a dire messa: gli trovano 9 telefoni nascosti nel tabacco

CASERTA – Un prete che era andato a celebrare messa in carcere a Carinola, in provincia di Caserta, è stato trovato con 9 telefoni da portare ai detenuti.

Il parroco aveva nascosto i telefoni, completi di caricabatteria e cavetti usb, all’interno delle buste contenenti sigaretta e tabacco per i carcerati.

La polizia penitenziaria ha trovato il bottino e l’ha sequestrato, dato che ai detenuti è proibito l’uso dei telefoni in cella.

Carcere Carinola, prete interogato

Il sacerdote, un assistente del cappellano titolare, ha risposto per ore alle domande del pm di turno.

Le forze dell’ordine cercano di capire a quali reclusi fossero diretti i telefonini e chi abbia consegnato al prete il carico nascosto nel tabacco.

La posizione dell’assistente cappellano è al vaglio della procura di S. Maria Capua Vetere, anche se in Italia l’introduzione di cellulari in carcere non è reato.

Il sacerdote, P.M., è ben noto nel carcere di Carinola, un istituto di ‘media sicurezza’ con circa 500 detenuti.

Il parroco segue i reclusi con permessi di lavoro al di fuori della struttura.

Giuseppe Moretti e Ciro Auricchio, presidente e segretario regionale dell’Uspp, hanno commentato: “L’episodio di Carinola evidenzia ancora una volta la necessità di dotare la Penitenziaria di strumenti tecnologicamente avanzati, anche in grado di schermare gli istituti di pena, per contrastare questo fenomeno”.

Carcere e covid: solo l’ultimo caso di violazioni

Il caso del 7 giugno a Carinola è solo l’ultimo di una lunga serie di episodi, che si sono moltiplicati da quando le norme anticovid hanno sospeso i contatti dei reclusi con i familiari.

Da metà marzo in poi le cronache hanno raccontato del drone con sei telefonini atterrato nel cortile del carcere di Secondigliano, alla periferia di Napoli.

Un agente della penitenziaria di Aversa invece è finito ai domiciliari perché portava ai detenuti cellulari e droga.

C’è poi l’avvocato di Bologna, sorpresa mentre passava al suo cliente un involucro contenente due smartphone.

Due settimane fa sono comparsi in rete video girati con smartphone nelle celle, e le indagini hanno permesso di identificarne la provenienza – il carcere di Avellino – sequestrando gli apparecchi.

Nella casa circondariale di Ariano Irpino, invece, i cellulari erano stati lanciati, ben protetti, dall’esterno e sono stati rintracciati oltre il muro di cinta. (Fonte: ANSA) 

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